La tutela dei crediti del vettore e dello spedizioniere ed il diritto di ritenzione
07/12/2016
Rubrica a cura dello Studio Legale Mordiglia, Genova-Milano - www.mordiglia.it - mail@mordiglia.it
La
recente crisi nel settore dei trasporti ha fatto notevolmente aumentare le
richieste di recupero crediti da pare di vettori e spedizionieri.
Oltre
ai noti strumenti processuali, quali il ricorso per decreto ingiuntivo, uno tra
i più rilevanti strumenti a tutela dei crediti di vettori e spedizionieri è il “diritto
di ritenzione”, che costituisce una speciale garanzia che permette al creditore
di trattenere uno o più beni e rifiutarne la restituzione fino a che il proprio
credito non sia stato soddisfatto.
Si
tratta di un diritto riconosciuto a determinate categorie di soggetti (spedizioniere,
vettore, mandatario, depositario ecc.) che si integra, rafforzandone
l’efficacia, con il riconoscimento di di un privilegio speciale sulle cose oggetto della prestazione dalla quale
nasce il credito.
Al
diritto di ritenere le cose si aggiunge, poi, quello di metterle in vendita,
anche in pregiudizio (purché il creditore sia in buona fede) di eventuali terzi
che vantano diritti su di esse. L’esercizio del privilegio consente, quindi,
all’operatore di soddisfare i propri crediti mediante la vendita delle cose al
pubblico incanto, ovvero, se trattasi di cosa aventi un prezzo di mercato, a
mezzo di un commissionario privato nominato dal Tribunale, secondo una speciale
procedura prevista dagli artt. 2797 e ss. c.c.
Secondo
quanto previsto dall’art. 2761, i presupposti per l’esercizio del privilegio sono:
che il vettore, o lo spedizioniere, abbiano un credito derivante dal contratto di trasporto / spedizione, a titolo di corrispettivo (il nolo per il trasporto e/o il compenso pattuito a favore dello spedizioniere) nonché di rimborso di costi accessori e altri costi incorsi dal vettore e/o dallo spedizioniere (soste, controstallie contenitori, tariffe portuali ecc.);
che vi sia connessione tra le cose e il credito;
che il vettore o lo spedizioniere mantengano la detenzione delle cose.
Mentre
il primo dei presupposti sopra indicati non pone particolari questioni
interpretative (l’operatore, infatti, dovrà limitarsi a dimostrare di aver
eseguito dei trasporti o spedizioni e di non aver ricevuto il relativo
corrispettivo), per gli altri la giurisprudenza ne ha chiarito in modo preciso
portata e limiti. In particolare, per quanto riguarda la connessione tra le
cose e il credito vantato, ci si è posti il problema se il privilegio speciale
possa essere esercitato anche sulle cose attualmente detenute dall’operatore (vettore
/ spedizioniere), ancorché esse non siano le stesse cose oggetto della
prestazione alla quale il credito si riferisce. .
Su
questo punto si è espressa diverse volte la Suprema Corte, da ultimo con la sentenza
n. 7152/2012 la quale, con riferimento alla fattispecie di crediti del vettore
ha stabilito che
[…] in tema di privilegio speciale per i crediti del vettore, l’art. 2761
c.c. richiede che la causa del credito sia il trasporto e che vi sia un
rapporto di connessione tra le cose e il credito, sicché tale privilegio è
esercitabile anche su cose oggetto di un trasporto diverso da quello per cui è
sorto il credito, se i singoli trasporti costituiscono esecuzione di un
unico contratto.
Sulla
base di tale interpretazione, al vettore è stato riconosciuto il diritto di
ritenere un quantitativo di cose di valore corrispondente all’ammontare del proprio
credito per i vari trasporti precedentemente eseguiti e non pagati e, di
conseguenza, far vendere le cose, ovvero di pretendere dai terzi il pagamento
dei loro crediti sino a concorrenza del valore delle cose ritenute.
Al
di fuori di questa ipotesi, non è ravvisabile un diritto di ritenzione a favore
di vettore o spedizioniere volto alla soddisfazione di crediti derivanti da
separati contratti di spedizione/trasporto.
Per
quanto riguarda il requisito della detenzione delle cose la giurisprudenza, sia
della Cassazione (Cass. 13905/2005) sia di merito, resa in materia di contratto
di trasporto, ha chiarito come sia sufficiente che il vettore mantenga la
disponibilità delle merci in qualunque luogo di cui abbia la piena disponibilità, potendo detenerle direttamente o indirettamente, come nel caso in cui si avvalga di sub-vettori
o terzi depositari. In altri termini, affinchè vi sia la detenzione, occorre
solo che le cose non siano ancora entrate nella disponibilità del destinatario,
ovvero del depositante o di altro avente diritto.
I
principi fissati dalle sentenze citate consentono di estendere la tutela del
credito offerta dal privilegio oltre all’ipotesi di scuola in cui l’operatore
subordina la riconsegna delle cose detenute da sé medesimo al pagamento della
prestazione a tutti i casi in cui:
i crediti non si riferiscano specificamente alle prestazioni eseguite relativamente alle cose oggetto di ritenzione, ma a prestazioni pregresse relative a cose già restituite, purché tali prestazioni trovino la loro fonte in un unico contratto di trasporto o spedizione;
le cose oggetto di ritenzione non si trovino fisicamente presso il vettore o lo spedizioniere, che potrebbero non avere lo spazio fisico per custodire le merci, né la loro disponibilità materiale avendo sub-affidato l’esecuzione dei trasporti e delle spedizioni o dei depositi a terzi fornitori.
L’esercizio
di tale facoltà, tutt’altro che desueta nella pratica commerciale quotidiana,
può portare a casi pratici in cui sia difficile individuare lo scrimine tra
esercizio legittimo di tale privilegio e profili, anche penali, di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni.
Riportiamo
ad esempio, il recente caso giudiziario di uno spedizioniere che aveva ricevuto
da parte dello stesso mandante diversi mandati separati, seppur riconducibili
all’originaria quotazione delle medesime tariffe.
A
seguito dei mancati pagamenti da parte del mandante, lo spedizioniere decideva
di esercitare il diritto di ritenzione su alcuni container, contenenti merci di
proprietà di terzi, oggetto di una delle pratiche di trasporto affidategli,
ritenendo che, sebbene i crediti fossero scaturenti da trasporti precedenti,
essi fossero comunque riconducibili allo stesso rapporto commerciale. L’azienda
mandante contestava che i container oggetto di ritenzione fossero riconducibili
in parte a fatture non ancora scadute, in parte a fatture successivamente
pagate e, comunque, relative a precedenti spedizioni. Pagati parte dei crediti
vantati dallo spedizioniere e ottenuta la riconsegna delle merci alle legittime
destinatarie, la mandante promuoveva azione civile contro lo spedizioniere per
illegittimo esercizio del diritto di ritenzione, adducendo che la ritardata consegna
dei contenitori alle destinatarie aveva comportato l’interruzione dei rapporti
commerciali con le medesime e chiedendo la condanna dello spedizioniere al
risarcimento di ingenti danni da perdita di clientela e discredito commerciale.
Inoltre, la mandante sporgeva querela ex art. 392 codice penale per “esercizio
arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose” nei confronti dello
spedizioniere, che rischiava così di essere assoggettato alla conseguente
sanzione penale, nella specie contenuta in una multa di modico valore. Il
procedimento penale veniva archiviato perché il Pubblico Ministero riteneva
saggiamente trattarsi di questione avente rilievo esclusivamente civilistico.
Laddove,
però, lo spedizioniere avesse perseguito sino in fondo la tutela apparentemente
concessagli dalla legge e avesse proceduto alla vendita delle merci
affidategli, i risvolti penali avrebbero potuto essere per lui ben più pesanti,
posto che la fattispecie avrebbe potuto configurare l’ipotesi di reato di
appropriazione indebita, punibile ai sensi dell’art. 1646 codice penale con una
multa assai più salata e, soprattutto, con la reclusione sino a tre anni.