L’Adunanza Plenaria: fascia di rispetto fluviale e vincolo paesaggistico

30/07/2025

L’Adunanza Plenaria: fascia di rispetto fluviale e vincolo paesaggistico

Rubrica a cura dello Studio Legale Cuocolo, Genova - www.cuocolo.it - studio@cuocolo.it

Con la sentenza numero 8 del 10 luglio 2025, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è intervenuta sui confini dell’ambito di applicazione del vincolo paesaggistico nelle aree adiacenti ai corsi d’acqua, risolvendo un contrasto interpretativo relativo all’articolo 142 comma 1 lett. c) del D. lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). Tale norma sottopone a vincolo paesaggistico le aree comprese entro una fascia di 150 metri da ciascuna sponda di fiumi, torrenti e corsi d’acqua iscritti negli elenchi del R.D. n. 1775/1933. Rileva altresì l’articolo 10 comma 1 lett. c) d.P.R. n. 380/2001, che richiede il permesso di costruire per gli interventi realizzati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. La II sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno sottoporre all’Adunanza Plenaria il seguente quesito di diritto: “se, in relazione, a fiumi, torrenti o corsi d’acqua c.d. minori, debbano intendersi soggette al vincolo paesaggistico, unicamente le porzioni di aree ricomprese nei 150 metri a partire dai piedi degli argini e dalle sponde, con esclusione delle aree sopraelevate”.
Il caso di specie trae origine da un contenzioso sorto a seguito dalla revoca, da parte del Comune, di un permesso di costruire precedentemente rilasciato, relativo alla realizzazione di un capannone in prossimità di un fiume e sopraelevato rispetto al suolo, in quanto non preceduto dall’autorizzazione paesaggistica.
Il ricorrente ha impugnato il provvedimento dinanzi al TAR, eccependo principalmente l’insussistenza del vincolo paesaggistico, in quanto la struttura era sopraelevata e ritenendo conseguentemente che la sottoposizione al medesimo si configuri solo per i volumi situati in piano e non anche a quelli pianeggianti, oltre ad eccepire la non obbligatorietà del vincolo in quanto opera “minore”.
L’Adunanza ha respinto interamente l’interpretazione avanzata da parte del ricorrente, dal momento in cui il dettato normativo non ammette una distinzione tra tipologie di sponde, né tra aree in piano e sopraelevate. La logica della decisione dell’Adunanza si rinviene in un ragionamento di tipo tecnico secondo cui il vincolo paesaggistico sussiste in ragione della localizzazione dell’opera all’interno della fascia di rispetto, “indipendentemente dalla sua altezza” e “dal fatto che esso sia confinante o meno con il fiume, il torrente o il corso d’acqua”. La pronuncia richiama l’orientamento della Corte di cassazione in sede penale (sentenza n. 21445 del 20 maggio 1999), secondo cui la violazione del vincolo paesaggistico si configura ogniqualvolta l’intervento ricada all’interno della fascia di 150 metri dalle sponde, indipendentemente da ulteriori considerazioni soggettive o qualitative.
Il giudice amministrativo rafforza tale principio affermando che il legislatore, nel prevedere la tutela paesaggistica, non ha inteso introdurre eccezioni legate alla natura morfologica del terreno o all’altezza delle strutture, né ha differenziato il trattamento tra opere di maggiore o minore impatto, in quanto egli “non ha preso in considerazione in sede di valutazione degli interessi in conflitto, quello paesaggistico e quelli dei titolari dei beni disciplinati dalla lett. c) del comma 1, sicché in sede interpretativa neppure può essere fissata una altezza massima, oltre la quale il vincolo sarebbe insussistente”.
Il principio di diritto infatti enunciato dall’Adunanza si rinviene nell’analisi della lettera c) del comma 1 dell’articolo 142 del D. Lgs. n. 42/2004 che “sottopone a vincolo paesaggistico le aree ricomprese nelle fasce ricomprese nei 150 metri adiacenti ai fiumi, ai torrenti ed ai corsi d’acqua, da computare tenendo conto dei piedi degli argini e dalle sponde, incluse le aree sopraelevate”.
Inoltre, oggetto di vincolo sono anche interventi “minori”, escludendosi l’ipotesi per cui “non sarebbe stato necessario il previo rilascio di un titolo edilizio”, valutando le opere in modo “atomistico”. Tale argomento muove da un richiamo della giurisprudenza del Consiglio di Stato, per cui la realizzazione anche solo di una tettoia di non ridotte dimensioni “comporta una trasformazione edilizia del territorio e, pertanto, necessita di un titolo edilizio” (Consiglio di Stato, Sez. II, 26 gennaio 2024, n. 858).
In conclusione, la distanza dev’essere valutata rispetto alle distanze computate in superficie, senza che rilevino eventuali dislivelli o sopraelevazioni. Il vincolo paesaggistico si applica in modo automatico e tipizzato laddove l’opera rientra nella fascia di 150 metri di distanza dal fiume, senza che sia necessario un accertamento caso per caso sull’impatto visivo dell’opera.


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