TAR Napoli: l’Autorità Portuale deve risarcire i danni da mancato dragaggio
01/08/2016
Con sentenza pubblicata il 20
luglio 2016, il TAR della Campania ha accolto il ricorso proposto da
Co.na.te.co. s.p.a. (Consorzio napoletano terminal containers) contro
l’Autorità Portuale di Napoli, condannando quest’ultima a risarcire il danno
derivante dalla mancata esecuzione dei lavori di dragaggio nel porto di Napoli.
Co.na.te.co., concessionario di
alcuni ormeggi nel porto di Napoli, nel 2014 si era rivolta al TAR Campania
lamentando di aver subito ingenti danni, a causa dell’inattività dell’Autorità
Portuale. L’Amministrazione, secondo la ricorrente, era colpevole di non avere
realizzato le operazioni di rimozione dei sedimenti formatisi sui fondali
marini, necessarie per consentire alle grandi navi portacontainer, con
pescaggio superiore a 12 metri, di approdare presso gli ormeggi oggetto di
concessione. Di qui la richiesta di condannare l’Autorità Portuale a risarcire
il danno emergente (costi sostenuti per far fronte al ridotto pescaggio) e il
lucro cessante (perdita di giro d’affari, attuale e futura), per un totale di
quasi 40 milioni di euro.
Il TAR Campania da un lato ha
riconosciuto la responsabilità dell’Autorità Portuale di Napoli e, dall’altro
lato, ha ridimensionato le pretese economiche della ricorrente.
Per quanto riguarda il primo
aspetto, il giudice amministrativo ha riconosciuto che la normativa vigente,
dettata dagli artt. 5 e ss. della legge n. 84 del 1994, pone in capo
all’Autorità Portuale un vero e proprio obbligo di provvedere agli interventi
di escavazione dei fondali marini al fine di assicurare la navigabilità e
consentire, quindi, al concessionario «l’adeguato utilizzo della zona demaniale
assegnatagli mediante la gestione dell’attività di terminal containers».
Tale obbligo, nel caso di specie,
era stato violato, dato che l’Autorità Portuale di Napoli non aveva ovviato «alle
problematiche di pescaggio e di navigabilità portuale, e, quindi, di riduzione
della capacità ricettiva delle banchine in concessione rispetto alle navi
portacontainers di nuova generazione». Di conseguenza, il TAR Campania ha
condannato l’AP a risarcire il danno subito dal terminalista.
Per quanto riguarda, però, la quantificazione
del danno, il TAR ha ridimensionato sensibilmente le pretese del ricorrente.
In primo luogo, i magistrati
napoletani hanno affermato che tra Autorità Portuale e concessionario non si
può configurare, con riferimento ai dragaggi, un rapporto paritetico.
L’Autorità Portuale, infatti, nello svolgimento delle attività di dragaggio dei
fondali marini, non deve tendere solo allo sviluppo dei traffici in area
portuale, ma deve altresì assicurare la tutela dell’ambiente marino, in
particolare quando – come nel caso del porto di Napoli – l’area in questione
sia qualificata d’interesse nazionale. In considerazione di ciò, il TAR ha
ridotto equitativamente il danno risarcibile del 50%.
In secondo luogo, il TAR campano ha
escluso la risarcibilità del danno emergente, in quanto il ricorrente non ha
provato che i costi sostenuti dal concessionario per l’acquisto di nuove gru,
ecc., fossero collegati agli inconvenienti dovuti al ridotto pescaggio in
prossimità dell’ormeggio.
Infine, il giudice amministrativo
ha ritenuto che il concessionario non fosse, a sua volta, esente da colpe.
Secondo il TAR, infatti, il danno sarebbe stato minore, se il terminalista si
fosse attivato prima, azionando strumenti giurisdizionali propulsivi per
reagire all’inerzia dell’amministrazione. Viceversa, avendo aspettato anni –
salvo poi agire per chiedere il risarcimento del pregiudizio subito – secondo i
giudici, la società ha concorso almeno in parte a causare il danno.
In conclusione, l’Autorità portuale
di Napoli è stata condannata a risarcire a Co.na.te.co. un danno molto
inferiore (circa il 5%) rispetto a quanto inizialmente richiesto dalla società.
Ciò nonostante, rimane l’importanza del principio affermato dal TAR della
Campania, per cui se un’Autorità portuale non esegue tempestivamente i
dragaggi, deve risarcire i danni subiti dai concessionari in termini di
riduzione del giro d’affari. Tale principio, soprattutto se esteso anche alle
altre opere infrastrutturali portuali, è destinato ad avere un forte impatto
sui rapporti tra le neonate Autorità di Sistema Portuale e i concessionari.