Trasporto multimodale tra efficienza logistica, infrastrutture e sinergie normative
02/05/2025
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
Il trasporto
multimodale, noto anche come trasporto intermodale o combinato, è una particolare
modalità di trasporto che prevede l’impiego integrato di diverse tipologie di mezzi
di trasporto (marittimo, stradale, ferroviario e aereo) con l’obiettivo di
ottimizzare l’efficienza e la sostenibilità delle operazioni logistiche.
L’elemento distintivo del trasporto multimodale è l’esistenza di un unico contratto,
stipulato da un unico vettore (o da un gruppo di vettori che collaborano tra
loro), che, indipendentemente dai mezzi di trasporti utilizzato, assume la
responsabilità per l’intero viaggio nei confronti dell’interessato alle merci. Questo
modello (giuridico) offre numerosi vantaggi, tra cui la riduzione dei tempi di
consegna, l’ottimizzazione dei costi e un minore impatto ambientale, grazie
alla possibilità di privilegiare, nella catena logistica, le modalità di
trasporto più sostenibili.
Sono principalmente due
le sfide per un’efficace implementazione del trasporto multimodale: da un lato,
la ricerca di una sua regolamentazione omogenea, soprattutto a livello
internazionale, e, dall’altro, e la creazione di un adeguato sistema
infrastrutturale diretto a favorire l’interoperabilità tra le diverse modalità
di trasporto.
Sul fronte normativo, ad
oggi, i vari tentativi posti in essere per disciplinare il trasporto
multimodale non hanno avuto seguito. Al riguardo, ad esempio, si segnala che lo
strumento internazionale adottato dalla Conferenza delle Nazioni Unite nel 1980
proprio al fine di disciplinare il trasporto multimodale (“
United Nations
Convention on International Multimodal Transport of Goods”) non è entrato
in vigore, poiché non ha raggiunto il numero minimo di ratifiche richiesto. Inoltre,
le diverse convenzioni internazionali che regolano le singole modalità di
trasporto unimodale (vale a dire, le Hague Visby Rules sul trasporto marittimo,
la Convenzione CMR sul trasporto di merci su strada, la Convenzione COTIF-CIM
sul trasporto per ferrovia e la Convenzione di Montreal sul trasporto aereo) offrono
solo alcuni spunti sul trasporto multimodale, che spesso si presentano disomogenei
e, in ogni caso, insufficienti a delineare un quadro di riferimento organico.
Ne consegue, pertanto, l’evidente difficoltà di definire un regime di
responsabilità unico per il vettore multimodale.
In mancanza di un regime
giuridico uniforme, gli operatori delineano la disciplina applicabile al
trasporto multimodale utilizzando, principalmente, due modelli.
Il primo modello è
definito “
uniform liability system”: il vettore multimodale risponde sulla
base di un regime unitario e predeterminato, indipendentemente dalle modalità
di trasporto effettivamente impiegate e dalla tratta nel corso della quale si è
verificato il danno. Questo sistema, che favorisce la certezza giuridica, presenta
il difetto di imporre l’applicazione alle diverse tratte del trasporto un
regime di responsabilità vettoriale non necessariamente loro proprio e,
soprattutto, non sempre conciliabile con le norme inderogabilmente previste dai
regimi convenzionali esistenti per le singole modalità di trasporto unimodale.
Il secondo modello
proposto è quello del “network liability
system”: in base a tale opzione
la responsabilità del vettore è, in linea di principio, disciplinata secondo la
convenzione applicabile alla specifica tratta dove si è verificato il danno (“
localized
damage”). Se, ad esempio, il danno è avvenuto durante la tratta
ferroviaria, si applicherà la Convenzione COTIF-CIM; se, invece, il danno si è
verificato in mare, si applicheranno le regole marittime. Questo modello, pur rispettando
i limiti imposti dalle convenzioni internazionali vigenti, comporta evidenti incertezze
in caso di danni non localizzati, ossia ove non sia possibile determinare il
segmento preciso in cui è avvenuto il danno.
In Italia, l’assenza di
una disciplina positiva nazionale relativa al trasporto multimodale tout
court (salvo per il limitato richiamo, contenuto nell’art. 1696 c.c., ai limiti
risarcitori del danno per perdita o avaria delle cose trasportate) ha condotto
a soluzioni interpretative eterogenee. Infatti, alcuni interpreti hanno fatto
genericamente ricorso agli artt. 1683 ss. c.c. sul contratto di trasporto
(impostazione giurisprudenziale prevalente), altri estendono al trasporto
multimodale le convenzioni internazionali che regolano le singole modalità di
trasporto nelle quali si è verificato il danno, oppure la disciplina del mezzo
di trasporto considerato “prevalente” nell’economica del trasporto multimodale
in questione.
Il risultato di quanto
sopra è, evidentemente, un mosaico interpretativo frammentario, incapace di presentare
agli operatori del settore un quadro normativo certo e organico, che, in
assenza di una normativa uniforme diretta a favorire l’integrazione tra le
diverse modalità di trasporto e a ridurre le disomogeneità nelle regole
applicabili, può essere arginato solo attraverso una puntuale regolamentazione
contrattuale tra le parti.
Dal punto di vista
operativo, inoltre, affinché la “catena multimodale” possa funzionare in modo
efficiente, è necessario che la normativa e le infrastrutture siano sviluppate
in parallelo e si integrino in modo fluido. Infatti, un sistema logistico
multimodale ben integrato richiede non solo l’esistenza di una normativa chiara
e uniforme, ma anche infrastrutture efficienti, che garantiscano adeguate interconnessioni
tra mezzi di trasporto al fine di limitare i costi dei servizi, i tempi di
transito della merce e le complessità burocratiche.
In tale contesto, in
Italia, si segnala il disegno di legge S. 1055 (“
Legge quadro in materia di
interporti”), allo stato in discussione in Senato, che si prefigge di introdurre
un quadro normativo diretto a migliorare la concentrazione dei flussi di
trasporto, a razionalizzare il territorio in funzione del trasporto, riducendo
il relativo impatto ambientale, ed a superare i limiti del trasporto
ferroviario tradizionale e intermodale terrestre e marittimo. Ruolo centrale, a
tal fine, è assegnato all’“interporto”, ovvero a un complesso organico
di infrastrutture e di servizi integrati, volto a favorire la mobilità delle
merci tra diverse modalità di trasporto con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità
e l’efficienza dei flussi logistici. L’“
interporto” dovrà rispettare
specifici requisiti operativi, tra cui un adeguato collegamento con le
principali reti di trasporto nazionali (stradale e ferroviaria, oltre che con
almeno un porto ovvero un aeroporto), una idonea integrazione con i corridoi transeuropei
di trasporto e adeguati servizi (quali, ad esempio, un servizio doganale, la
predisposizione di aree diverse destinate a funzioni di trasporto intermodale,
di logistica di approvvigionamento, di logistica industriale, di logistica
distributiva e di logistica distributiva urbana, sistemi che garantiscano la
sicurezza di merci, aree e operatori e interconnessioni con piattaforme
info-telematiche). (art. 3). La concreta attuazione di detto disegno di legge,
ove definitivamente approvato dal Parlamento, coinvolgerà, in prima battuta, il
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, chiamato ad elaborare il c.d.
“Piano
generale per l’intermodalità”, che dovrebbe guidare lo sviluppo degli
interporti nel paese.
In definitiva, per realizzare il pieno
potenziale del trasporto multimodale è necessario (ri)pensare all’istituto nel
suo complesso, alla sua funzione e agli strumenti per la relativa attuazione.
La chiave per garantirne la massima efficienza risiede, quindi, nella predisposizione
di una regolamentazione uniforme, diretta, in primo luogo, ad armonizzare le discipline
frammentarie esistenti al riguardo, per assicurare a priori la certezza del
diritto applicabile e limitare, per quanto possibile, il rischio di
orientamenti contrastanti, e, in secondo luogo, ad indirizzare, in modo chiaro
e sistematico, la progettazione, la gestione e lo sviluppo di infrastrutture
logistiche, che siano in grado di adattarsi alle esigenze di un mercato globale
in rapida evoluzione.