Concessioni demaniali marittime: il TAR Liguria disapplica la proroga al 30.07.27
02/01/2025
Rubrica a cura dello Studio Legale Cuocolo, Genova - www.cuocolo.it - studio@cuocolo.it
Con la sentenza n. 869 del 14
dicembre 2024, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria si è
pronunciato nuovamente sull'illegittimità delle proroghe automatiche delle
concessioni demaniali marittime. Nel caso in esame, parte ricorrente, titolare
di una concessione demaniale, impugnava il provvedimento con cui il Comune
concedente aveva disposto la rideterminazione della durata della concessione
stessa, fissandone la scadenza al 31 dicembre 2023. Secondo la tesi attorea, in
seguito alle recenti sopravvenienze normative e alla pronuncia della Corte di
Giustizia C-348/2022 (dalla quale si evincerebbe la competenza del Governo di
stabilire la scarsità effettiva delle risorse naturali), devono ritenersi
superati i principi sanciti dall'Adunanza Plenaria con le sentenze nn. 17/2021
e 18/2021, per le quali in caso di scarsità della risorsa naturale è
illegittima la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime.
Il Collegio, in piena osservanza
del diritto sovrannazionale, ha respinto tale impostazione, ribadendo in modo
granitico l’illegittimità di qualsiasi normativa che disponga proroghe
automatiche delle concessioni. Infatti, ai sensi dell’art. 12 della Direttiva
2006/123/CE (cd. Direttiva Bolkestein), nel caso in cui il numero di
autorizzazioni disponibili per una determinata attività siano limitate a causa
della “scarsità di risorse naturali” o delle capacità tecniche
utilizzabili, è dovere degli Stati membri avviare gare pubbliche – con adeguata
pubblicità e in conformità ai principi di imparzialità e trasparenza – per
l’affidamento delle concessioni demaniali che dovranno avere durata limitata,
senza possibilità di rinnovo automatico.
Con riguardo al tema della scarsità,
la sentenza ribadisce quanto già ampiamente enucleato dalla ormai consolidata
giurisprudenza, per cui la risorsa è da ritenersi scarsa, e fornisce la
corretta lettura della sentenza C-348/22; la Corte di Giustizia, chiarisce il
Collegio, ha riconosciuto in capo agli Stati membri “un certo margine di
discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della
scarsità delle risorse naturali", ma non ha inteso in alcun modo riservare
la decisione ad una determinata Autorità, tantomeno al Governo, come invece dedotto
da parte ricorrente.
Con la sentenza in analisi, viene
inoltre stabilito che la disapplicazione di tali normative nazionali non osta
al principio per cui gli effetti diretti di una Direttiva possono solo essere
invocati dai privati nei confronti dello Stato, e non viceversa, e ciò perché:
a) In primo luogo, “alla
Direttiva è stata data attuazione con il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 (in
particolare, l'art. 12 della Direttiva è stato attuato dall'art. 16 del D.Lgs.
n. 59 del 2010), con la conseguenza che, a ben vedere, più che di mancata
attuazione della Direttiva (che, come detto, anche sotto il profilo che rileva
in questa sede, è stata attuata con una disposizione di carattere generale,
identica alla corrispondente disposizione della Direttiva), viene in rilievo un
inadempimento successivo dello Stato agli obblighi su di esso gravanti in virtù
della Direttiva. Gli effetti pregiudizievoli per la ricorrente derivanti dalla
disapplicazione della proroga non costituiscono, dunque, emanazione della
Direttiva, bensì della disciplina nazionale (di rango primario) di attuazione
di quest'ultima, che può senz'altro operare anche a danno di un privato";
b) Inoltre, non si tratterebbe di "di effetti verticali invertiti, cioè di invocazione, da parte
dello Stato, di una disposizione del diritto dell'Unione nei confronti di un
privato, il quale sarebbe conseguentemente gravato da un obbligo nei confronti
dello Stato per effetto di una direttiva che lo Stato non ha trasposto, bensì
di obblighi dello Stato nei confronti dei terzi che potrebbero, invocando
l'art. 12 della Direttiva nei confronti dello Stato, aspirare alla concessione,
obblighi il cui adempimento comporta delle ripercussioni negative (ossia,
effetti indiretti), ancorché certe, per i titolari delle concessioni oggetto di
proroga illegittima (Corte di giustizia, 7 gennaio 2004, C-201/02, Wells)".
Pertanto, ancora una volta, la
giurisprudenza torna a ribadire l’illegittimità di qualsiasi sopravvenienza
normativa con finalità di proroga per contrasto con l’art. 12 della Direttiva
Bolkestein, compresa la recente proroga disposta al 30 settembre 2027.