La giurisprudenza di merito divisa tra regole unionali e giustizia sostanziale.

26/07/2023

La giurisprudenza di merito divisa tra regole unionali e giustizia sostanziale.

Rubrica a cura dello Studio Legale Mordiglia, Genova-Milano - www.mordiglia.it - mail@mordiglia.it

Merita un particolare commento la recente ordinanza emessa dalla Corte di Giustizia tributaria di Trieste (12 maggio 2023, n. 103), in quanto affronta il tema “caldo” della solidarietà nell’obbligazione doganale dello spedizioniere dichiarante doganale.
La decisione in parte accoglie correttamente le recenti pronunce della Corte di Giustizia e della Suprema Corte in tema di Iva, vincendo le resistenze delle altre corti di merito; dall’altra, tuttavia, stravolge completamente la normativa unionale per dare applicazione di fatto ad un mero principio di giustizia sostanziale.
Siamo in fase di decisione della sospensione cautelare, quindi trattiamo di una ordinanza che potrebbe essere anticipatoria del merito soltanto per quanto riguarda il fumus bonis iuris della pretesa in contestazione.
Se le premesse della decisione appaiono del tutto condivisibili: “la responsabilità prevista dal codice doganale dell'UE a carico del rappresentante indiretto in dogana non può comunque estendersi all'IVA all'importazione, tributo interno” (come insegna la sentenza 27 luglio 2022 n. 23526 della Corte di Cassazione nel solco di importanti pronunce[1] già da tempo consolidatesi della giurisprudenza della Corte di Giustizia[2]); la seconda parte dell’ter argomentativo della stessa evidenzia già lacune di diritto civile, qualificando lo spedizioniere dichiarante “in rappresentanza diretta” come “procurator” non dell’importatore, ma della società di spedizioni  che lo aveva incaricato e che compariva nella dichiarazione doganale unicamente ai fini della garanzia del pagamento differito (casella 52).
Come noto, il procurator, ossia il rappresentante è colui che ex art. 1387 agisce in sostituzione di un altro soggetto (rappresentato) nel compimento di un atto giuridico.
Il rappresentante in dogana non può che sostituire l’importatore/destinatario delle merci nella dichiarazione delle stesse in dogana, e per tale compito riceve apposita procura.
Secondo il Codice unionale, infatti, il "rappresentante doganale" è qualsiasi persona nominata da un'altra persona affinché la rappresenti presso le autorità doganali per l'espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale.
Nell’ambito della dichiarazione doganale, dunque, i possibili soggetti chiamati a rispondere dell’obbligazione doganale all’importazione sono soltanto due: il destinatario delle merci (indicato nella casella 8) e il dichiarante doganale (casella 14), rappresentante del primo, in via diretta (ossia che agisce per conto dell’importatore spendendo il suo nome) o in via indiretta (ossia spendendo il proprio nome).
L’ordinanza in commento erra dunque laddove confonde sostanzialmente il mandato, che è un contratto in cui certamente può essere parte la casa di spedizione, come intermediaria dell’importatore, dal potere rappresentativo speso nella dichiarazione doganale, che può essere conferito soltanto dall’importatore/destinatario della merce importata.
Approfittando di tale impropria sostituzione del concetto di “mandato” con “la rappresentanza”, la decisione de qua si spinge a ritenere addirittura valido ed efficace un presunto potere di rappresentanza indiretta conferito dall’importatore soggetto estero alla casa di spedizione.
In verità il soggetto estero depositava in dogana anni addietro un mandato generale, con cui incaricava la casa di spedizione della logistica e di altre attività ( tra cui la rappresentanza fiscale) per suo conto nel territorio italiano.
Tale contratto non aveva mai trovato attuazione in passato, né certamente sosteneva l’operazione di import in contestazione (dove il ruolo di rappresentante fiscale era affidato ad un terzo).
Dunque, secondo la Corte  la rappresentanza diretta dello spedizioniere era stata conferita dalla casa di spedizione che agiva in rappresentanza indiretta del soggetto estero rappresentato.
Di fatto la Corte sembra avvalorare la tesi dell’Ufficio secondo cui nella dichiarazione doganale possono addirittura comparire tre soggetti (due rappresentanti e un rappresentato)!
La dogana, infatti, avendo rilevato che nella fattispecie l’operazione posta in essere dalle parti coinvolte non era formalmente corretta, in quanto compiuta da un rappresentante diretto (lo spedizioniere), sebbene il destinatario/importatore della merce (rappresentato) fosse un rappresentante fiscale di un soggetto estero, si era ritrovata a “forzare” i dati reali della dichiarazione doganale, trasformando il regime di rappresentanza scelto dalle parti, da diretta a indiretta e provvedendo a sostituire soggettivamente il rappresentante (dalla persona fisica dello spedizioniere firmatario alla casa di spedizione garante del solo differito).
La Corte, facendo propria tale impostazione dell’Ufficio, innanzitutto, trascura che prima della circolare n. 40/21 era palesemente in vigore una prassi che consentiva agli operatori esteri di importare avvalendosi di un rappresentante diretto.
Infatti, la suddetta Circolare si pronunciava nel dicembre 2021, intervenendo a chiarire che “la dichiarazione doganale può essere presentata da una persona non stabilita, ma a tale scopo, il soggetto deve avvalersi di un rappresentante doganale stabilito in UE (art. 18 CDU) che agisca con la modalità della rappresentanza indiretta, assumendo in tal guisa, il ruolo di dichiarante (fatti salvi i casi richiamati dall’art. 170 par. 3 del CDU); il rappresentante fiscale ai fini IVA (ma anche il soggetto direttamente identificato, per tale imposta) avendo rilevanza esclusivamente ai fini I.V.A. non è legittimato a presentare una dichiarazione doganale per conto di un soggetto non stabilito; la partita IVA rilasciata al rappresentante fiscale, deve però figurare nel campo 44 della dichiarazione doganale esclusivamente ai fini dell’assolvimento degli adempimenti richiesti dal DPR 633/1972”.
In secondo luogo la stessa Corte, ritenendo a posteriori non corretto che un soggetto estero fosse stato rappresentato in dogana da una persona fisica con rappresentanza diretta (scelta evidenziata dal codice 2 della casella 14), sposa la tesi dell’Ufficio che stravolge retroattivamente la dichiarazione doganale, imputando, tra i soggetti coinvolti nell’operazione di importazione,  all’unica persona giuridica diversa dal rappresentante fiscale del soggetto estero, la rappresentanza indiretta di quest’ultimo e conseguentemente al solidarietà nel tributo evaso, senza che dalla dichiarazione doganale emerga un qualsiasi indizio in tal senso.
Il tentativo della Corte, pur onorevole, di liberare da una gravosa pretesa di maggiore Iva una persona fisica che certamente non aveva avuto alcuna intenzione di assumersi una responsabilità diretta rispetto al debito doganale sorto dalla dichiarazione presentata, si rivela tuttavia “goffo e maldestro”, laddove per sostenere la rappresentanza indiretta “ di fatto” della casa di spedizione, si invoca un mandato generale depositato presso la dogana da parte del soggetto estero, mai utilizzato dalla stessa, né in alcun modo richiamato nella dichiarazione doganale, cedendo ad un concetto prettamente civilistico assimilabile alla simulazione.
Non solo. Viene dimenticata dalla Corte una norma fondamentale valida in materia doganale che prescrive di ritenere responsabile in proprio il soggetto che agisce in dogana privo della procura conferita dal soggetto rappresentato.
L’art. 19 CDU, infatti, rileva tutta l’infondatezza del ragionamento operato dalla Corte, laddove precisa che “Le persone che non dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali o che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali senza disporre del potere di rappresentanza sono considerate agire in nome proprio e per proprio conto.”
Poiché dunque nel caso di specie lo spedizioniere persona fisica non aveva fornito la procura a giustificazione della rappresentanza diretta spesa in dogana, la Corte al fine di evitare un suo coinvolgimento addirittura esclusivo nel debito doganale, preferiva fondare il recupero su una sorta di “negozio dissimulato”, indirizzando illegittimamente la pretesa verso la casa di spedizione, che mai aveva speso il proprio nome per conto dell’importatore.
Paradossalmente la decisione sembra far comparire nella dichiarazione doganale un terzo soggetto, oltre al rappresentante diretto e all’importatore: il rappresentante indiretto di fatto.
Si trova, peraltro, conferma del fatto che non possano essere che due i soggetti che nella dichiarazione doganale sono tenuti a rispondere dell’obbligazione che scaturisce da essa, proprio nella stessa circolare citata laddove riferisce che
“non è possibile per il rappresentante indiretto, nominato da un importatore non stabilito nell’UE, nominare, a sua volta, un altro rappresentante doganale”.
Inoltre, si evidenzia nella pronuncia un’altra lacuna di diritto civile, laddove si ritiene implicitamente che il potere di rappresentanza una volta speso, possa essere modificato o revocato dall’Ufficio, per allineare e sanare a posteriori  una irregolare procedura di importazione adottata all’epoca dell’importazione e mai contestata dal medesimo.
Vale rilevare che alla medesima soluzione di giustizia sostanziale, che libera la persona fisica da un impegno non preso e non previsto, si sarebbe potuti giungere per altra strada.
Sempre il diritto civile ci dice che gli atti compiuti da chi non aveva il potere di rappresentanza o gli atti esorbitanti tale potere, possono essere ratificati dal rappresentato, anche con un comportamento concludente.
Nel caso di specie, dunque, trascorsi anni dalle dichiarazioni rettificate, si poteva certamente ritenere che le operazioni svolte dal rappresentante diretto, seppur non coerenti con il sistema doganale, così poi come successivamente chiarito dalla Circolare citata, potessero essere state ratificate dal rappresentato, che mai ne aveva contestato l’esecuzione,  “salvando” in questo modo la persona fisica dal gravoso addebito in via esclusiva.

Per motivi di evidente equità, dunque, la pronuncia in commento, decide di avvalorare la fictio iuris del rappresentante indiretto, presunto o simulato o di fatto, pur di evitare l’addebito in via esclusiva allo spedizioniere dell’Iva evasa.
In conclusione se, da un lato, la decisione cautelare merita un plauso per dare finalmente attuazione alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[3] e della Corte di cassazione (con sentenza n. 23526 del 27 luglio 2022), riaffermando il principio per cui il rappresentante doganale indiretto non è responsabile in solido con l’importatore dell’IVA all’importazione; dall’altro lato, operando una palese confusione tra i ruoli del dichiarante, importatore, rappresentato e garante, confonde e usa impropriamente figure giuridiche proprie della materia civile, e finisce per entrare in contrasto con le norme doganali unionali[4], prestando il fianco a facili impugnazioni.


[1] Cassazione 27 luglio 2022, n. 23526 (sul solco di Cass., Sez. V, 12 novembre 2019, n. 29195; Cass., Sez. V, 24 settembre 2019, n. 23674; Cass., Sez. V, 14 febbraio 2019, n. 4384.
[2] La Cassazione ha chiarito che il rappresentante indiretto può essere considerato responsabile, giusta l’art. 77, par. 3 del CDU, unicamente dell'obbligazione doganale, definita dall’art. 5, punto 18 del Codice stesso come “l'obbligo di una persona di corrispondere l'importo del dazio all'importazione”
[3] Secondo la Corte “il rappresentante doganale indiretto, che in quanto tale assume la veste di dichiarante, è debitore unicamente dei dazi doganali dovuti per le merci dichiarate in dogana per l’importazione e non anche dell’IVA all’importazione sulle stesse merci, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta….L’art. 201 della Direttiva IVA (Direttiva 2006/112/CE) non opera un rinvio alle disposizioni del Codice Doganale per quanto riguarda l’obbligo di pagare tale imposta, ma prevede che all’importazione l’IVA sia dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d’importazione . Viene quindi lasciato un potere discrezionale agli Stati membri non solo di individuare i soggetti debitori di tale imposta, ma anche di individuarne più di uno, ivi compreso, se del caso, il rappresentante indiretto dell’importatore”. Corte di Giustizia del 12 maggio 2022 resa nella causa C-714/20 (U.I. S.r.l. contro Agenzia delle dogane e dei Monopoli - Ufficio delle Dogane di Venezia).
[4] Il Debitore dell’obbligazione doganale, salvo casi particolari, è il dichiarante e, in caso di rappresentanza indiretta, è debitrice anche la persona per conto della quale è fatta la dichiarazione in dogana (l’importatore) (art. 19 CDU).


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