Impianti di riciclaggio: difficile inclusione di cantieri extraUE nell’elenco di impianti abilitati

11/10/2019

Impianti di riciclaggio: difficile inclusione di cantieri extraUE nell’elenco di impianti abilitati

Come noto, il Regolamento (UE) n. 1257/2013, divenuto applicabile a partire dal 31 dicembre 2018, ha apportato importanti novità in materia di riciclaggio di navi nel dichiarato intento di anticipare, in ambito europeo, l’introduzione dei contenuti della Convenzione di Hong Kong del 2009 sul riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l’ambiente ed incentivare la ratifica da parte dei Paesi europei ed extra europei per facilitarne la sua entrata in vigore.
Per effetto del nuovo Regolamento, gli armatori di navi battenti bandiere di Stati membri soggiacciono oggi ad una serie di obblighi tra i quali:
l’obbligo di detenere a bordo un inventario dei materiali pericolosi, che individui quanto meno i materiali pericolosi presenti nella struttura o nelle attrezzature della nave, la loro ubicazione e i quantitativi approssimativi;
la sottoposizione ad una serie di controlli da parte delle amministrazioni (o degli organismi riconosciuti) degli stati membri prima, durante e al termine dell’esercizio di ciascuna nave;
l’obbligo di riciclare le navi esclusivamente in impianti di riciclaggio autorizzati e come tali inclusi nell’elenco europeo degli impianti abilitati all’esercizio di attività di demolizione, smaltimento e riciclaggio di navi.
A partire dalla data di entrata in vigore del Regolamento le navi battenti bandiera di uno Stato membro destinate alla demolizione sono escluse dall’ambito di applicazione del Regolamento (CE) n. 1013/2006 sul trasporto transfrontaliero di rifiuti. In precedenza, le navi destinate alla demolizione potevano infatti rientrare nella definizione di rifiuto cosicché l’autorizzazione al loro trasferimento al di fuori dei confini nazionali passava attraverso un complesso iter. In particolare, l’autorità del paese di partenza della spedizione manteneva un certo margine di discrezionalità essendo legittimata a rifiutare il trasferimento della nave, specie se verso paesi extracomunitari, se aveva motivo di ritenere che i rifiuti (la nave) non fossero gestiti secondo metodi ecologicamente corretti nel paese di destinazione interessato.
Si trattava di un potenziale disincentivo al trasferimento delle navi presso cantieri di paesi extracomunitari tradizionalmente specializzati nella demolizione e in particolare, nell’area del mediterraneo, i cantieri turchi.
L’entrata in vigore del Regolamento comporta, almeno sulla carta, un superamento di queste problematiche in quanto il trasferimento della nave per la demolizione presso uno degli stabilimenti dell’elenco europeo dei cantieri abilitati non è soggetto ad autorizzazione.
Con l’ultimo aggiornamento dell’elenco, risalente al giugno 2019 (quando sono stati inseriti nell’elenco alcuni cantieri norvegesi e danesi), il numero dei cantieri autorizzati, tra i quali rientra anche il cantiere San Giorgio del Porto di Genova, è salito 34.  Per quanto riguarda i paesi extra comunitari sono solamente tre i cantieri autorizzati, due in Turchia (Leyal Gemi Sokum Sanayi ve Ticaret Ltd. e Leyal-Demtas Gemi Sokum Sanayi ve Ticaret A.S.) e uno negli Stati Uniti (International Shipbreaking Limited L.L.C.).
Sono ancora al vaglio della Commissione Europea numerose istanze di inclusione nell’elenco rivolte da impianti di paesi extra europei, principalmente India, Turchia e Cina, ossia le nazioni che ospitano la stragrande maggioranza delle navi destinate allo scrapping.
Fin dai primi mesi successivi all’entrata in vigore del regolamento, BIMCO aveva denunciato la disparità di trattamento tra i cantieri europei e quelli extra europei sottolineando - tra l’altro - che “apparentemente i cantieri navali dell'Unione Europea sono ammessi nell'elenco senza soddisfare criteri uniformi, mentre i cantieri extra UE, prima di essere inclusi nella lista, devono essere controllati sulla base di precisi criteri da parte di ispettori della Commissione Europea.”
BIMCO ha quindi sottolineato la necessità di prendere atto e premiare i miglioramenti raggiunti in tema di salute, sicurezza e salvaguardia dell’ambiente da parte dei cantieri asiatici e che occorrere includere quei cantieri al di fuori dell'Unione Europea che già soddisfano i criteri stabiliti dalla Convenzione di Hong Kong.
Poco è cambiato dal momento della presa di posizione di BIMCO che faceva seguito a quella di altre associazioni di categoria degli armatori. La facoltà di scelta dei cantieri di demolizione continua ad essere fortemente limitata per gli armatori di navi battenti bandiera comunitaria.
D’altro canto, si ha notizia di alcuni recenti incidenti mortali avvenuti in due cantieri indiani che hanno fatto istanza di inclusione nella lista e che già soddisfano i criteri di cui alla Convenzione di Hong Kong (Priya Blue e Shree Ram).
La sicurezza e salute dei lavoratori, insieme alla salvaguardia dell’ambiente, rimane certamente un tema sul quale difficilmente la Commissione Europea potrà transigere nell’ambito della valutazione delle istanze di inclusione nella lista europea.


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