Contratto di ormeggio: l'armatore risponde dei danni alla banchina in condizioni di meteo avverse
11/05/2018
Rubrica a cura dello Studio Mordiglia, Genova, Milano, Venezia - www.mordiglia.it - mail@mordiglia.it
Con una recente sentenza del Tribunale di Grosseto, le corti
di merito sono tornate sul tema della qualificazione del contratto di ormeggio
e, in particolare, sull’attribuzione della responsabilità che ne conseguono per
i danni alla nave o, come in questo caso, alle strutture portuali.
La fattispecie decisa dal Tribunale di Grosseto aveva
infatti ad oggetto danni ad una banchina causati dalla pressione esercitata dalla nave sospinta
dal vento forte durante lo svolgimento delle operazioni di carico.
La fattispecie è stata inquadrata da Tribunale nell’ambito
del contratto di ormeggio.
Il contratto di ormeggio non è disciplinato né dal codice
civile né dal codice della navigazione. Si tratta, dunque, di un contratto
atipico o innominato ai sensi dell’art.
1322 del codice civile secondo cui le parti possono concludere contratti
che non appartengono ai tipi che hanno una disciplina particolare, purché siano
diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento
giuridico.
In dottrina e in giurisprudenza si è
a lungo dibattuto per l’individuazione di una disciplina concretamente
applicabile al contratto di ormeggio. Tale necessità derivante dalle lacune
dell’ordinamento giuridico su questo specifico tema permane tuttora nonostante gli
interventi normativi che hanno interessato il settore della nautica da diporto (si
pensi alla legge 172 del 2003 recante disposizioni per il riordino e il
rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico ed il d.lgs. 171 del
2005 recante codice della nautica da diporto e, da ultimo, al d.lgs. 229 del 3 novembre 2017.
In un primo momento, la
giurisprudenza ha preferito rinunciare ad un operazione di qualificazione di
carattere generale, risolvendo le singole controversie in base alle circostanze
del caso concreto. Per tale via, si è giunti ad un sostanziale sdoppiamento
della fattispecie e alla configurazione di due ipotesi di contratto di ormeggio:
la fattispecie dell’ormeggio-deposito e la fattispecie dell’ormeggio-locazione.
A partire da metà degli anni
Novanta, la giurisprudenza di legittimità ha mutato il proprio orientamento, superando
lo sdoppiamento concettuale precedente ed individuando la struttura minima del
contratto di ormeggio consistente nella semplice messa a disposizione ed
utilizzazione delle strutture portuali con assegnazione di un delimitato e
protetto spazio acqueo.
Il nucleo essenziale del contratto
può, peraltro, legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni,
sinallagmaticamente collegate al corrispettivo, ulteriori rispetto a quella
essenziale di cui sopra, come, ad esempio, la custodia del natante e delle cose
in esso contenute.
Il Tribunale di Grosseto conferma l’orientamento
della Suprema Corte sopra citato affermando infatti che “il contratto di ormeggio può avere ad oggetto la semplice messa a
disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali ovvero estendersi alla
custodia dell'imbarcazione”; ma va oltre, laddove precisa che “nel primo caso, in cui si ritiene sia
sussumibile la fattispecie di cui è causa, lo stesso è assimilabile, alla
locazione dello specchio acqueo in funzione dell'utilizzo delle strutture
portuali per l'esecuzione delle operazioni di carico e scarico”. Nella particolare
fattispecie in esame l’atipicità del contratto di ormeggio si connota, pertanto,
per essere la messa a disposizione delle strutture strettamente correlato alla
gestione delle operazioni di carico – scarico delle merci.
Ne deriva, da una parte, l'obbligo
del concessionario/locatore delle strutture portuali di metterle a disposizione
in buono stato manutentivo e, dall'altra l'obbligo del conduttore/armatore di
utilizzare le strutture portuali con diligenza, servendosene per l'uso e con le
modalità contrattualmente determinate.
Nel caso in esame, secondo il Tribunale,
la rottura delle strutture del pontile era da ascrivere alla esclusiva negligenza
dell’armatore che non aveva messo in
atto tutti gli adempimenti e le cautele necessarie nell'esecuzione di ormeggio
e, nel caso specifico, rese indispensabili dalle avverse condizioni meteo,
peraltro previste, (omettendo di calare l'ancora e di eseguire i necessari
fissaggi), decidendo di proseguire con le operazioni di carico e non
interrompendole nonostante le condizioni meteomarine non favorevoli.
In tale prospettiva, la responsabilità circa le
manovre di attracco di una nave, ivi compresa quella di ormeggio, grava quindi sul
comandante, tenuto a valutare l'idoneità delle strutture portuali in relazione
alle operazioni da svolgere e la compatibilità delle modalità dell’ormeggio con
le condizioni meteomarine in atto o previste.