I report Olaf hanno valore di prova solo se specifici.
01/12/2017
Rubrica a cura dello Studio Legale Armella & Associati, Genova - Milano - www.studioarmella.com
La giurisprudenza, sia europea che nazionale,
si è recentemente pronunciata sulla valenza probatoria delle relazioni emesse
dall’organo amministrativo europeo antifrode (Olaf).
La Corte di giustizia ha affrontato, in
particolare il tema del legittimo affidamento dell’importatore, ai sensi del
previgente art. 220 codice doganale comunitario (attuale art. 119 codice
doganale dell’Unione), nell’esattezza dei certificati di origine rilasciati
dalle autorità dello Stato di esportazione (Corte Giust., 16 marzo 2017, C-47/16).
I giudici hanno precisato che le informative Olaf,
qualora contengano solo una descrizione generale della situazione relativa al
rilascio dei certificati di origine preferenziale, non sono idonee, da sole, a
provare che il rilascio del documento inesatto è imputabile all’esportatore.
In tal caso, spetta alle autorità doganali
dello Stato di importazione fornire ulteriori prove in ordine al comportamento
dell’esportatore, al fine di disconoscere l’origine preferenziale di un
prodotto.
In merito alla valenza probatoria dei report
Olaf, anche la Commissione tributaria regionale della Liguria ha chiarito che
l’Agenzia delle dogane non può fondare la propria pretesa daziaria solo su tali
informative, qualora le stesse non provino con certezza l’origine doganale dei
prodotti importati (Comm. trib. reg. Liguria, 6 ottobre 2017 n. 1420).
La vicenda sottoposta all’attenzione dei
giudici tributari riguarda una partita di elementi di fissaggio in acciaio
dichiarati di origine indonesiana sulla base dei certificati Form A rilasciati
dalle competenti Autorità estere.
La Dogana ha rettificato l’origine dichiarata
(da Indonesia a Cina), fondandosi, esclusivamente, su un’informativa trasmessa
dall’Olaf, dalla quale sarebbe emerso che la società esportatrice indonesiana
non avrebbe avuto una reale capacità produttiva per la fabbricazione di
elementi in acciaio e, per tale ragione, avrebbe riesportato verso l’Unione
europea prodotti finiti di origine cinese.
Al riguardo, i giudici di appello hanno
rilevato come la relazione dell’Olaf sia generica e priva di puntuali riscontri
relativi alle specifiche importazioni contestate.
Non è stato effettuato, in particolare,
nessun monitoraggio dei container contenenti le merci, per appurare se gli
stessi si siano limitati a “fare scalo” in Indonesia, né vi è alcun riferimento
numerico o nominale che consenta di stabilire che i prodotti oggetto delle
importazioni contestate siano originari della Cina.
In mancanza di elementi concreti
specificamente riferibili ai prodotti importati, le contestazioni mosse
dall’Agenzia delle dogane all’origine dichiarata risultano sguarnite di prova
e, pertanto, illegittime.
Avv. Valeria Baldi
Studio Legale Armella & Associati