Il TAR Lazio: illegittimi i canoni ISTAT delle concessioni demaniali marittime del 2023

29/04/2025

Il TAR Lazio: illegittimi i canoni ISTAT delle concessioni demaniali marittime del 2023

Rubrica a cura dello Studio Legale Cuocolo, Genova - www.cuocolo.it - studio@cuocolo.it

Il TAR Lazio con la sentenza numero 13 del 2025 si è pronunciato in materia di aggiornamento di canoni annuali per le concessioni demaniali marittime, annullando il Decreto del Direttore Generale per la vigilanza sulle autorità di sistema portuale del MIT del 30 dicembre 2022, che prevedeva un incremento del 25,15% dei canoni stabiliti per le concessioni demaniali marittime del 2023. La pronuncia è emblematica sia in materia balneare-turistica, sia, più generale, in ambito amministrativo, in quanto esprime il concetto per cui l’autonomia di cui gode la Pubblica Amministrazione è limitata laddove sussista la necessità di rispettare rigorosamente i criteri stabiliti dal legislatore, alla luce del principio di riserva di legge che governa l’azione amministrativa.
In particolare, i ricorsi sono stati presentati da diversi operatori e associazioni del settore turistico-balneare (tra cui Assomarinas e Assiterminal) a fronte dell’adozione del Decreto, eccependo principalmente la violazione dell’articolo 4 comma 1 del D.L. n. 400/1993, recante la formula obbligatoria (e non facoltativa) per la determinazione dei canoni annuali delle concessioni balneari. La norma violata prescrive che il calcolo debba basarsi sulla media degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati e dei corrispondenti valori per il mercato all’ingrosso.
Come emerge chiaramente dalla sentenza, il Ministero, con l’adozione del Decreto, avrebbe determinato l’ammontare dei canoni per il 2023 “in base alla media tra il primo indice (i prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati) e quello dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali”, secondo uno schema differente da quello designato dalla norma, come confermato dall’ISTAT stesso, non trattandosi quindi di un “mero cambio di nomen, bensì di una ben diversa realtà economica sostanziale presa a riferimento dall’indice”. Il TAR Lazio ha conseguentemente ritenuto tale aspetto sufficiente a giustificare la fondatezza della censura esposta dai ricorrenti, in quanto “il principio di legalità, al cui rigoroso rispetto sono sottoposti i pubblici poteri, esclude che l’amministrazione possa disattendere la legge, impiegando un indice diverso da quello individuato dal legislatore” e riservando così la valutazione circa l’adeguatezza del criterio da impiegare ai fini del calcolo esclusivamente a quest’ultimo. Infatti, la sostituzione del criterio apportata dal Decreto esprime una violazione della discrezionalità del legislatore, perché il criterio stabilito dall’articolo 4 comma 1 del D. L. 400/1993 esprime una scelta “per niente neutrale, ma espressione di valutazioni propriamente politiche; scelta che soltanto tale organo [legislativo] può in ipotesi modificare”.
Così, il giudice amministrativo ha ritenuto fondata la censura di illegittimità per violazione di legge, in quanto il Decreto Ministeriale applica un indice statistico “non contemplato dalla fonte primaria”. Non ritenendosi ammissibile un ricorso alla discrezionalità amministrativa, l’organo giudicante ha proceduto con l’annullamento del Decreto, specificando che devono considerarsi caducati tutti gli atti esecutivi disposti successivamente dal decreto annullato, con il conseguente scomputo dei canoni futuri per i soggetti interessati.


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