In vigore la Convenzione di Hong Kong del 2009 sul riciclaggio di navi
01/07/2025
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
Il 26 giugno 2025 - 24 mesi dopo il
soddisfacimento dei requisiti previsti dall’art. 17 a seguito della ratifica di
Bangladesh e Liberia - è entrata in vigore la Hong Kong International
Convention for the Safe and Environmentally Sound Recycling of Ships,
elaborata in seno all’International Maritime Organization (IMO) ed
adottata ad Hong Kong nel maggio 2009 (di seguito la “Convenzione”). Ad oggi
sono 24 gli Stati contraenti la Convenzione e tra questi figurano i principali Recycling
States a livello mondiale - quali Bangladesh, India, Pakistan e Turchia –
nonché alcuni primari Flag States quali Giappone, Liberia, Marshall
Islands, Malta e Norvegia. L’Italia - a differenza di altri membri dell’Unione
Europea quali per esempio Francia, Germania, Spagna e Portogallo – non ha aderito
alla Convenzione. Si deve tuttavia considerare che per tutte le navi battenti
bandiera di uno Stato Membro dell’Unione Europea è già in vigore il Regolamento
UE n. 1257/2013 che ha introdotto a livello comunitario disposizioni analoghe a
quelle della Convenzione, ma a tratti più stringenti.
L’entrata in vigore della Convenzione
introduce nuovi oneri e obbligazioni in capo ai diversi soggetti a cui la
Convenzione si rivolge, ossia armatori, cantieri di costruzione e di
demolizione di navi e diverse autorità nazionali quali quelle dei cosiddetti Flag
States, Port States e Recycling States.
L’obiettivo primario della Convenzione è
quello di garantire, nelle attività di demolizione navale, la tutela della
salute dei lavoratori e dell’ambiente attraverso l’adozione di una serie di disposizioni
che riguardano l’intero ciclo di “vita” di una nave, ossia da quando viene
progettata sino a quando viene smantellata dopo la fine dell’impiego operativo
(approccio “from cradle to grave”).
Tra le principali novità introdotte vi sono limitazioni
e divieti di utilizzo a bordo di navi di determinate sostanze pericolose, specifiche
prescrizioni per i cantieri che intendono svolgere attività di demolizione
navale in termini di procedure e precauzioni da adottare, nonché l’obbligo per
gli armatori di dotarsi di un Inventario dei Materiali Pericolosi presenti a
bordo, documento essenziale volto a identificare tipologia e quantità dei vari
materiali costruttivi e quindi facilitarne l’adeguato trattamento in sede di riciclaggio
della nave. Il cantiere presso cui una nave viene demolita deve inoltre
redigere, con la collaborazione dell’armatore e a partire proprio dall’Inventario,
il “Piano di riciclaggio della nave” nel quale vengono descritte le misure che
si pongono in atto per tutelare l’ambiente e la salute dei lavoratori.
È proprio attraverso ispezioni periodiche e le
certificazioni previste - quali l’Inventario ed il Piano di cui sopra o, ancora
a titolo esemplificativo, il cd. “International Ready for Recycling
Certificate” rilasciato dopo l’esito positivo dell’ispezione finale della
nave – che la Convenzione intende assicurare il rispetto delle sue
disposizioni, anche tramite l’intervento di diverse autorità nazionali che
verifichino la conformità con le prescrizioni applicabili alle navi ed ai
cantieri. Si pensi, per esempio, all’autorizzazione di cui devono dotarsi i
cantieri facendone richiesta alla competente autorità nazionale, la quale ha
facoltà di provvedere a ciò anche attraverso le cd. “Recognised
Organizations” (es: società di classifica); o ancora alle autorità di Port
State Control che verificano la completezza e correttezza dell’Inventario.
Ai sensi dell’art. 3.4, peraltro, il regime
applicabile dagli Stati alle navi battenti bandiera di Stati che non hanno
ratificato la Convenzione non deve risultare maggiormente favorevole rispetto a
quelle sottoposte alla giurisdizione di uno Stato contraente. Pertanto, di
fatto, gli Stati contraenti, laddove necessario, devono applicare gli standard della
Convenzione anche a tali navi con conseguenze pratiche per le stesse in
occasione di ispezioni di Port State Control presso Stati contraenti o qualora
riciclate presso uno di questi.
L’entrata in vigore della Convenzione
rappresenta un’importante novità per l’industria dello shipping, ma non il
punto di arrivo finale in materia di riciclaggio di navi; restano, infatti,
alcune questioni aperte, nonché importanti problematiche ancora da risolvere. In
primis, il necessario coordinamento tra la Convenzione di Hong Kong e quella di
Basilea del 1989 sul traffico transfrontaliero di rifiuti, la cui applicazione
alle navi destinate al riciclaggio (quindi rientranti nel concetto di “rifiuto”)
rappresenta un vero e proprio rompicapo se si considera, tra le altre cose, che
il relativo “Basel Ban Amendment” entrato in vigore nel 2019 vieta
l’esportazione di rifiuti da paesi facenti parte dell’OCSE (Organizzazione per
la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), come l’Italia e molti dei “paesi
sviluppati”, verso nazioni che non fanno parte di tale organizzazione quali
India, Bangladesh e Pakistan ossia tre dei quattro paesi dove viene riciclata
la stragrande maggioranza di navi demolite ogni anno. Sul punto l’IMO a
novembre 2024 ha pubblicato delle linee guida, intitolate “Provisional
guidance on the implementation of the Hong Kong and Basel Conventions with
respect to the transboundary movement of ships intended for recycling”,
dalle quali si può comprendere la complessità della questione.
Un’altra problematica evidenziata nella prassi
consiste nel diverso regime applicabile alle navi battenti “bandiera europea”
per effetto dei requisiti previsti dalla normativa europea di riferimento, per
certi aspetti diversi e più stringenti rispetto a quelli introdotti dalla
Convenzione. Tali unità, infatti, possono essere riciclate ai sensi del
Regolamento (UE) n. 1257/2013 solo presso cantieri autorizzati, ossia inclusi
nel cosiddetto “Elenco Europeo” di cui all’art. 16 del Regolamento dopo la
verifica - da parte delle autorità nazionali o da parte della Commissione
Europea/società da questa incaricate a seconda della giurisdizione cui
appartiene il cantiere di riciclaggio - del rispetto di tutti i requisiti tra
cui, per esempio, anche la corretta gestione dei rifiuti raccolti e prodotti
durante le operazioni di demolizione.
In conclusione, dal 26 giugno 2025 nuovi
obblighi sono imposti ad armatori, cantieri ed autorità nazionali in
conseguenza dall’entrata in vigore della Convenzione, la quale va ad
aggiungersi alle altre normative, internazionali e comunitarie, applicabili al
fine vita delle navi. Il quadro normativo applicabile
in materia risulta complesso e in pratica si assisterà, nell’immediato, ad un
periodo di transizione prima dell’effettiva implementazione a livello pratico
di tutte le disposizioni di cui alla Convenzione.