L’autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali

26/01/2023

L’autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali

Rubrica a cura dello Studio Legale Mordiglia, Genova-Milano - www.mordiglia.it - mail@mordiglia.it

Con sentenza emessa in data 6 dicembre 2022, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia si è espresso sulla questione dell’autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali.

La ricorrente, società attiva nella fornitura di servizi portuali nei porti di Lampedusa e Linosa, aveva impugnato l’autorizzazione che nel 2018 l’Ufficio Circondariale Marittimo Guardia Costiera Lampedusa aveva rilasciato ad una società armatoriale per l’esercizio di operazioni di rizzaggio/derizzaggio e imbarco/sbarco di mezzi in regime di autoproduzione. Secondo la ricorrente, che era a sua volta titolare di autorizzazione allo svolgimento delle operazioni e dei servizi portuali per conto terzi per l’anno 2018, l’autorizzazione concessa alla società avrebbe ingiustamente ridotto il suo volume d’affari. In particolare, la ricorrente sosteneva che l’autorizzazione avrebbe violato l’articolo 16 comma 1 della Legge 84/1994, sul Riordino della legislazione in materia portuale, e l’articolo 9 comma 2 della Legge 287/1990, recante Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.
Il primo comma dell’articolo 16 definisce quelle che sono, da un lato, le operazioni portuali, ossia “il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e  di  ogni  altro materiale, svolti nell'ambito portuale” e, dall’altro, i servizi portuali, ossia tutti quei servizi relativi a “prestazioni specialistiche, complementari e accessorie  al ciclo delle operazioni portuali”. Il terzo comma dello stesso articolo prevede che l’esercizio di operazioni e servizi portuali possa essere espletato per conto proprio o per conto di terzi, e che sia soggetto all’autorizzazione dell’Autorità di sistema portuale previa verifica di una serie di requisiti professionali.

L’articolo 9 della Legge 287/1990 sancisce quello che è stato definito come un vero e proprio diritto soggettivo alla autoproduzione di beni e servizi, fissando però dei limiti a tale diritto, che non ha portata assoluta. Il primo comma dell’articolo 9 prevede che un’eventuale riserva per legge allo Stato, ad un ente pubblico o ad un’impresa di determinate prestazioni di beni o servizi non comporta per i terzi il divieto di “auto-produrre” quegli stessi beni o servizi per uso proprio. Il secondo comma precisa, tuttavia, che l’autoproduzione non è consentita nei casi in cui la riserva è prevista per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale.
Secondo la ricorrente, le operazioni portuali – tra le quali rientrano tutte le operazioni di rizzaggio/derizzaggio e imbarco/sbarco di mezzi – sarebbero operazioni “altamente specialistiche” e, alla luce del disposto del menzionato articolo 9, “incompatibili con il regime di autoproduzione”, tanto più che la società armatoriale in questione non avrebbe avuto, a suo parere, un personale adeguato né numericamente né professionalmente.
La corte amministrativa ha respinto gli argomenti della ricorrente, ribadendo il principio per cui non esiste alcuna preclusione normativa all’esercizio delle operazioni e dei servizi portuali in regime di autoproduzione: l’articolo 9 della Legge 287/1990, che si applica a settori in cui esiste una riserva di monopolio, non rileva in settori che, come quello dei servizi tecnico-nautici, sono stati liberalizzati. Il Tribunale ha rievocato la disciplina previgente e, in particolare, l’articolo 111 cod. nav., secondo il quale le navi dovevano necessariamente avvalersi dei servizi tecnico-nautici offerti dalle compagnie portuali: tale norma era stata ritenuta in violazione del diritto europeo già nel 1991, nella causa C-179/90, ed era stata abrogata dalla Legge 84/1994 che, con l’articolo 16, aveva proprio l’obiettivo di garantire che le operazioni e i servizi portuali potessero essere svolti liberamente, salva la sussistenza dei requisiti professionali richiesti. 

In realtà, nonostante la progressiva liberalizzazione e apertura del mercato dei servizi tecnico-nautici, la questione dell’autoproduzione di tali servizi è questione che è stata - ed è tutt’ora - oggetto di pronunce, perlopiù amministrative, dagli esiti molto diversi.  
Le pronunce più risalenti escludevano l’esistenza del diritto di autoproduzione nelle prestazioni tecnico-nautiche, ritendo che tali prestazioni fossero oggetto di una sorta di “monopolio naturale”. Dalla fine degli anni ’90, le corti amministrative hanno iniziato a riconoscere l’importanza di un assetto concorrenziale dei servizi tecnico-nautici, senza raggiungere, tuttavia, una posizione univoca sul bilanciamento tra dinamiche di mercato e tutela della sicurezza della navigazione. Proprio recentemente, con sentenza 25 giugno 2021 n. 04853, il Consiglio di Stato si è espresso nel senso che la liberalizzazione dei servizi portuali non implica necessariamente il diritto all’autoproduzione dei servizi di pilotaggio, laddove il pilotaggio sia reso obbligatorio per motivi di sicurezza della navigazione.
Anche dal punto di vista normativo, peraltro, il processo di liberalizzazione delle operazioni e dei servizi portuali non sembra seguire una chiara direzione. 

Il “Decreto Rilancio” del maggio 2020 ha modificato l’articolo 16 della Legge 84/1994 introducendovi un nuovo comma 4 bis, che prevede che i vettori marittimi possano autoprodurre i servizi portuali solo in assenza di imprese debitamente autorizzate dall’Autorità di Sistema Portuale, e comunque a condizione che la nave sia dotata di mezzi adeguati e personale idoneo. La possibilità per i vettori marittimi di ricorrere all’autoproduzione delle operazioni portuali diviene, in sostanza, un’ipotesi meramente residuale.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è da subito espressa a favore dell’abrogazione della norma che, oltre a disincentivare l’efficienza nella fornitura dei servizi portuali, riduce anche drasticamente la competitività dei porti italiani rispetto ai porti di altri Stati limitrofi, dato che alcuni vettori potrebbero decidere di evitare gli scali in cui non possono svolgere le operazioni portuali in autoproduzione. Malgrado il parere dell’Autorità, la norma è, ad oggi, ancora in vigore.
In conclusione, nonostante la sentenza analizzata sembri considerare ormai consolidata la liberalizzazione dei servizi tecnico-nautici, le modalità e i confini di tale liberalizzazione rimangono questioni tutt’altro che pacifiche.  


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