Trattamento fiscale dei redditi da lavoro marittimo

26/01/2023

Trattamento fiscale dei redditi da lavoro marittimo

Rubrica a cura dello Studio Legale Lovisolo & Partners, Genova - www.lovislex.it - info@lovislex.it

Trattamento fiscale dei redditi da lavoro marittimo conseguiti su navi battenti bandiera estera


Con la Risposta a istanza di interpello n. 112 del 20 gennaio 2023, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 5, comma 5, della L. 16 marzo 2001 n. 88, resta escluso dalla tassazione nel nostro Paese il reddito derivante dall’attività prestata dai lavoratori marittimi italiani imbarcati su navi battenti bandiera estera, anche qualora si tratti di cittadini stranieri che hanno trasferito la propria residenza fiscale in Italia precisando (ed è questa la “novità” introdotta dal provvedimento in commento) che tale regola vale “a prescindere … dal luogo di prestazione dell’attività lavorativa” ovvero dal fatto che la navigazione (e con essa l’attracco) sia avvenuta nelle acque territoriali italiane o altrove.

Si ricorda che l’articolo 5 della L. 88/2001 prevede che “per i lavoratori marittimi imbarcati su navi battenti bandiera estera …, continua ad essere escluso dalla base imponibile fiscale il reddito derivante dall’attività prestata su tali navi per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi” senza tuttavia precisare se, ai fini dell’esclusione di cui trattasi – oltre al fatto che l’attività lavorativa debba essere prestata su tali navi battenti bandiera estera per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi – sia rilevante il luogo (in Italia o all’estero) in cui si trovasse la nave (ed il lavoratore marittimo) durante lo svolgimento di tale attività.

In particolare, sino ad oggi, al fine di affermare la irrilevanza del luogo in cui si trovasse la nave (ed il lavoratore marittimo) al fine dell’applicazione di tale esclusione, si invocava l’applicazione dell’articolo 94 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare conclusa a New York il 10 dicembre 1982 che prevede “che ogni stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo … sulle navi che battono la sua bandiera” ed “in particolare ogni Stato … b) esercita la propria giurisdizione conformemente alla propria legislazione, su tutte le navi che battono la sua bandiera, e sui rispettivi comandanti, ufficiali ed equipaggi …”.

In altri termini, al fine dell’imposizione dei marittimi (anche residenti in Italia) operanti su navi battenti bandiera estera si invocava la giurisdizione anche fiscale dello stato della bandiera a prescindere dal luogo in cui avvenisse la navigazione della nave (o il suo attracco).

Tale conclusione trova conforto nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 55/E del 20 giugno 2002 e dalla Risposta a istanza di interpello n. 134 del 20 maggio 2020 che aveva chiarito “che i redditi corrisposti a marittimi di nazionalità italiana che lavorano per più di 183 giorni in un arco temporale di dodici mesi … non dovranno essere assoggettati ad imposizione nel nostro Paese, a prescindere dalla residenza dei medesimi lavoratori marittimi …, con il conseguente venir meno dell’obbligo di dichiarazione di tali redditi da parte del contribuente”.

Oggi con la precisazione contenuta nella ricordata Risposta ad interpello n. 112/2023, tale regola risulta ribadita anche “a prescindere … dal luogo di prestazione dell’attività lavorativa”.

Pertanto il margine di incertezza del suo ambito applicativo sembra essere più circoscritto a tutto vantaggio della consapevole e corretta pianificazione fiscale degli armatori e dei lavoratori marittimi.

 


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