La nuova disciplina degli interporti: riforma, sfide e opportunità per la logistica italiana
                    29/09/2025
                    
                    
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                    Rubrica a cura dello Studio Legale Mordiglia, Genova-Milano - www.mordiglia.it - mail@mordiglia.it
La proposta di legge
A.S. 1055, attualmente all'esame della Camera dei deputati, introduce una nuova
disciplina quadro per gli interporti, sostituendo la legge n. 240/1990. Si
inserisce nel più ampio processo di riforma del sistema logistico nazionale, in
coerenza con strumenti di pianificazione come il Piano strategico della
portualità e della logistica, il Sistema nazionale di monitoraggio (legge n.
124/2017) e il Programma Nazionale di Riforma 2020. In questo contesto, il
Documento di Economia e Finanza ha ribadito l’urgenza di interventi
infrastrutturali improntati a sostenibilità e resilienza post-pandemica.
La proposta
individua alcuni princìpi guida: promozione dell’intermodalità terrestre,
connessione con i porti, maggiore efficienza del trasporto merci, completamento
delle infrastrutture della rete TEN-T e uso razionale del territorio, con
attenzione alla sostenibilità ambientale e alla competitività del comparto. Sul
piano istituzionale, viene istituito un Comitato nazionale per l’intermodalità
e la logistica, con il compito di semplificare le operazioni logistiche e
integrare i diversi sistemi di trasporto, anche in coordinamento con le
Autorità di sistema portuale.
Il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) avrà il compito di tenere l’elenco
ufficiale dei gestori interportuali, aggiornato ogni tre anni secondo criteri
oggettivi di inclusione ed esclusione. È inoltre previsto un Piano generale per
l’intermodalità, destinato a riorganizzare e razionalizzare la rete
interportuale nazionale. Entro un anno dall’entrata in vigore della legge, il
MIT dovrà completare una ricognizione degli interporti esistenti e in fase di
realizzazione, anche in funzione dell’individuazione di nuovi siti fino a un
massimo di trenta.
L’individuazione di
nuovi interporti seguirà criteri precisi: idoneità urbanistica e ambientale
delle aree, collegamenti diretti alle principali reti stradali e ferroviarie,
accessibilità ai porti o agli aeroporti e coerenza con i corridoi TEN-T. Ogni
nuovo interporto dovrà comprendere almeno un terminale ferroviario intermodale,
un’area di sosta per veicoli pesanti, eventuali servizi doganali per flussi
extra-UE, un centro direzionale e aree dedicate alle principali funzioni
logistiche, oltre a sistemi di sicurezza. Il tutto nel rispetto di criteri di
sostenibilità, trasparenza, efficienza energetica e controllo.
Un passaggio
rilevante riguarda il regime giuridico dei gestori interportuali, che operano
in regime privatistico, in un contesto concorrenziale e con finalità
economico-industriali. Saranno responsabili della realizzazione dei nuovi
interporti e dell’adeguamento di quelli esistenti, nel rispetto di requisiti di
sicurezza, controllo e sostenibilità economica. Gli enti pubblici concedenti
dovranno costituire diritti di superficie parametrati agli investimenti
effettuati, eventualmente convertibili in diritti di proprietà, secondo quanto
previsto dalla normativa urbanistica vigente.
La proposta
valorizza anche il potenziamento delle connessioni ferroviarie “di ultimo
miglio” e l’adeguamento delle infrastrutture agli standard tecnici europei
(sagoma, modulo e peso assiale), mediante contratti specifici tra RFI e i
gestori interportuali. I progetti prioritari saranno individuati dal MIT,
previo parere del Comitato nazionale, con intesa in sede di Conferenza
unificata. A tal fine è autorizzata una spesa triennale: 6 milioni di euro nel
2024, 5 milioni nel 2025 e 10 milioni nel 2026.
L’approvazione dei
progetti avverrà tramite accordi di programma tra le amministrazioni coinvolte
e i presidenti degli interporti. I fondi assegnati decadranno in caso di
mancata ratifica dell’accordo entro quattro mesi e saranno redistribuiti. Non
sono previsti compensi o rimborsi per i partecipanti alle riunioni del Comitato
nazionale, e le misure introdotte non comportano nuovi oneri per la finanza
pubblica, salvo le risorse già stanziate.
È inoltre previsto
l’adeguamento delle normative regionali entro sei mesi dall’entrata in vigore
della legge, unitamente all’abrogazione di ampie parti della legge n. 240/1990
e del decreto-legge n. 98/1995. I principi della nuova disciplina saranno
immediatamente applicabili nelle regioni a statuto ordinario.
La proposta segna un
passaggio cruciale per la modernizzazione del sistema interportuale italiano,
in chiave integrata, sostenibile e competitiva, in linea con le strategie
europee e con le esigenze operative degli attori della logistica.