I servizi di vigilanza nei terminal portuali sono “non imponibili” IVA

29/06/2022

I servizi di vigilanza nei terminal portuali sono “non imponibili” IVA

Rubrica a cura dello Studio Legale Lovisolo & Partners, Genova - www.lovislex.it - info@lovislex.it

La Suprema Corte è recentemente intervenuta[1] nell’ambito di una controversia afferente il corretto trattamento, ai fini IVA, dei servizi di vigilanza svolti nei terminal portuali.

Nel caso di specie una società privata aveva svolto servizi di security all’interno del Porto di Trieste ed in funzione di tale servizio aveva ritenuto corretto applicare il regime di “non imponibilità” IVA di cui all’articolo 9, comma 6, del D.p.r. 633/1972[2].

L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errato l’operato della contribuente, aveva notificato alcuni atti impositivi volti a negare l’applicazione di tale regime.

Impugnati i diversi avvisi di accertamento, la contribuente risultava vincitrice nei gradi di merito.

In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che le prestazioni svolte dalla società contribuente avessero “tutti i presupposti dei servizi prestati nei porti ... che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasposto”.

Pertanto, tali servizi avevano “tutte le caratteristiche perviste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 9, comma 6, per essere esenti dall'imposta IVA, considerando la complessità delle attività portuali che comprendono non solo le operazioni di imbarco e sbarco delle merci ma anche … le attività di controllo degli accessi”.

A seguito del ricorso nanti la Corte di Cassazione notificato dall’Amministrazione finanziaria, il Giudice di legittimità ha confermato che “in tema di IVA, è esente da imposta il servizio di vigilanza svolto da soggetti privati in ambito portuale” essendo tale attività ritenuta “riconducibile ai servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 9”.

In particolare, la Suprema Corte ha rilevato come tale regime trovi giustificazione anche nel “l’obbligatorietà dello stesso servizio, imposta dalla Dir. n. 2005/65/CE, e la diretta connessione al funzionamento degli impianti, ovvero alle operazioni di transito delle merci e di sbarco e reimbarco dei passeggeri”.

Ritenendo, quindi, che “la vigilanza attenga al funzionamento del terminal, al transito delle merci ed allo sbarco ed imbarco dei passeggeri in condizioni di sicurezza” e quindi al “monitoraggio delle movimentazioni di beni e persone, l'individuazione di possibili anomalie negli impianti o di altri fattori di rischio”, la Suprema Corte ha ritenuto infondata la pretesa dell’Agenzia delle Entrate.

La Corte di Cassazione ha, pertanto, confermato la correttezza dell’operato di security che, in riferimento ai servizi di vigilanza da quest’ultima svolti nel Porto di Trieste, aveva applicato il regime di “non imponibilità” IVA (ex articolo 9, comma 6 del D.p.r. 633/1972) in quanto servizio connesso agli scambi internazionali.


[1] Corte Cassazione, sentenza del 7 giugno 2022 n. 18226.
[2] Il quale dispone che “costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi Internazionali non imponibili i servizi prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto, nonché' quelli resi dagli agenti marittimi raccomandatari”.


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