Illegittimo l’accertamento se fondato esclusivamente sui verbali di indagine Olaf

20/07/2020

Illegittimo l’accertamento se fondato esclusivamente sui verbali di indagine Olaf

Rubrica a cura dello Studio Armella, Genova - Milano- www.studioarmella.com - armella@studioarmella.com

La Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema dell’accertamento doganale avente per oggetto la contestazione dell’origine della merce importata, fondato esclusivamente sui verbali di indagine redatti dall’Olaf (Organismo europeo per la lotta antifrode) con l’ordinanza 29 aprile 2020, n. 8337. Si tratta di un tema di rilevante interesse, dato il numero di operatori interessati da contestazioni di tale tipologia negli ultimi mesi.
La vicenda in commento nasce dal disconoscimento dell’origine non preferenziale di alcuni elementi di fissaggio, dichiarati con origine indonesiana, ma considerati dall’Agenzia delle dogane come prodotti in Cina, sulla base di un’informativa parziale trasmessa dall’Olaf (c.d. “Mission Report”), con conseguente applicazione di un dazio antidumping pari all’85%. Nel caso di specie, la segnalazione dell’Olaf si limitava a informare la Dogana italiana di una possibile evasione di dazi antidumping, in relazione a prodotti analoghi a quelli importati, senza che vi fosse un riferimento diretto alla specifica merce in contestazione.

Come chiarito dalla Suprema Corte, anche nel caso in cui l’accertamento scaturisca da un’indagine dell’Olaf, grava sull’Amministrazione l’onere di provare che questa sia direttamente e specificamente riferibile ai prodotti sottoposti a rettifica. Ciò in quanto i verbali dell’Organismo europeo talvolta non consentono di disconoscere l’origine dichiarata in dogana, considerato anche che in genere sono riferiti a migliaia di operazioni e a diversi esportatori. In tali casi si rendono, dunque, necessari elementi di prova supplementari che diano certezza dell’origine delle merci, quali, a titolo esemplificativo, la tracciabilità della merce attraverso la ricostruzione del trasporto.

La Corte di Cassazione ha, dunque, ripreso i principi sull’onere probatorio in tema di accertamenti Olaf, già affermati dalla giurisprudenza europea (da ultimo, Corte di Giustizia, 16 marzo 2017, C-47/16, Veloserviss SIA) e, sulla scia di alcune pronunce di legittimità intervenute negli scorsi anni sul medesimo tema, ha confermato l’annullamento dell’avviso di rettifica per carenza di prova operato dalla Commissione tributaria regionale.

Tuttavia, nonostante tali precedenti, non è ancora possibile affermare che l’orientamento dei giudici di legittimità sia costante, in quanto di recente la Corte di Cassazione, pur riconoscendo la valenza probatoria di presunzione semplice delle relazioni dell’Organo europeo antifrode, ha concluso ritenendo legittimo l’avviso di rettifica impugnato (Cass., sez. V, 7 luglio 2020, nn. 14026, 14027 e 14028).


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