Non c’è rivalsa nei confronti del “transitario doganale” diligente
07/06/2018
Rubrica a cura dello Studio Mordiglia, Genova, Milano, Venezia - wwwmordiglia.it - mail@mordiglia.it
Chiamato ad accertare la legittimità di un’azione di
surroga dell’Assicurazione garante nei confronti dell’azienda importatrice, che
risultava non aver corrisposto i dovuti diritti doganali nei confronti della
dogana triestina, con una sentenza decisamente innovativa e ben articolata, il
Tribunale di Trieste riconosce la validità del diritto di surrogazione e
regresso del soggetto pagatore (in linea con la giurisprudenza della Cassazione,
anche a sezioni unite) nei confronti del proprietario delle merci e delinea i
rapporti tra importatore, dichiarante doganale e “transitario doganale”, terzo
chiamato in manleva e garanzia.
Il Tribunale, con la sentenza n. 541 del 2017,
infatti, conferma il decreto ingiuntivo a favore dell’Assicurazione procedente
e, valutata la posizione dello spedizioniere /transitario nega l’azione di
rivalsa dell’importatore nei suoi confronti, di fatto costringendo quest’ultimo
a sborsare due volte i diritti doganali; l’importatore, infatti, aveva già
versato nelle mani dello spedizioniere di fiducia la provvista per il pagamento
dei diritti di confine; tale spedizioniere/transitario aveva diligentemente
trasferito il denaro, a sua volta, a un dichiarante doganale il quale, tuttavia,
ne ometteva il versamento alla scadenza
del “differito”, così macchiandosi del reato di appropriazione indebita.
Delineando con precisione i confini dei ruoli di
importatore, spedizioniere/transitario e dichiarante doganale, il Giudice triestino riconosce come il mancato versamento
alla dogana delle somme dovute a titolo di dazio e Iva, e conferite dal
proprietario importatore della merce come provvista per l’adempimento del
mandato, inerisce al rapporto civilistico spedizioniere/dichiarante e
proprietario/mandante, mentre si pone come “mero
fatto causativo dapprima dell’intervento solutorio dell’assicuratore garante,
escusso dall'Amministrazione finanziaria, e poi, per previsione di legge, della
surrogazione di questo e del regresso nei confronti del proprietario
importatore” (Tribunale di Trieste, 7 agosto 2017, n.
541, pag. 6).
L’azione di surroga svolta dal garante nei confronti
dell’importatore è un’azione che fonda le proprie radici sia nel codice civile
che nella legge doganale, la quale riconosce la solidarietà passiva nel debito
daziario (seppur imperfetta) tra importatore e dichiarante doganale (sia
nazionale ex art. 39, d.p.r 43 del
1973, sia comunitaria, art. 77 CDU) e permette al soggetto garante, che assolva
il debito tributario, di succedere nella posizione della Dogana, acquisendone
il credito verso i coobbligati con tutte le caratteristiche originarie (in
linea Cassazione civile, sez. III, 28/02/2018, n. 4570, secondo cui “avvenendo la surrogazione in tutti i diritti
e le azioni spettanti all'Amministrazione finanziaria, a partire dal giorno del
pagamento, il fideiussore ha diritto agli interessi sulle somme versate nella
misura di cui all'art. 86 d.P.R. n.
43 del 1973.).
L’importatore, dunque, secondo il Tribunale triestino,
che conferma un orientamento consolidato della Suprema Corte (una per tutte
Cass, civ., sez. trib., 11218/2015) deve rimanere inciso del pagamento dei
diritti di confine, perché titolare del rapporto tributario, ossia dell’obbligazione
garantita, minimamente rilevando il comportamento illecito del coobbligato
spedizioniere dichiarante, il quale non abbia provveduto a versare alla dogana
le somme ricevute dall’importatore.
In forza del principio secondo cui la fideiussione è efficace
anche se il debitore non ne ha conoscenza, il Giudice ritiene irrilevante la
circostanza che a costituire il rapporto fideiussorio sia stata impresa diversa
da quella alla quale si era rivolto l’importatore, perché “lo spedizioniere assume a proprio nome il debito nei confronto
dell’Amministrazione doganale e si rimane fuori dall’ipotesi del mandato
rappresentativo, con la conseguenza che l’eventuale superamento del mandato o
il verificarsi di una sostituzione non consentita potrebbero avere al più influenza
sui rapporti interni tra mandante e mandatario”.
Accertata, quindi, la compatibilità di un mandato non
rappresentativo con la stipula del negozio fideiussorio, il Tribunale prende
atto di una prassi assai frequente nel settore ovvero quella di affidare
l’incarico di compilare materialmente la bolletta doganale a terzi soggetti,
sconosciuti all'importatore, che affida il mandato al proprio spedizioniere di
fiducia.
Tale prassi, che può implicare l’intervento di
svariati sub-mandatari, o transitari, nella catena di soggetti contrattuali tra
l’importatore e il dichiarante finale, pareva sconosciuta alla giurisprudenza,
cosicché il Tribunale di Trieste si è fatto carico di distinguere in maniera
precisa lo spedizioniere ex art. 1737
c.c. dalla figura del dichiarante doganale, rappresentante dell’importatore in
dogana.
In sostanza, riconoscendo che il mandato da parte
dell’importatore allo spedizioniere, non riconosciuto anche come dichiarante
doganale iscritto all’albo degli spedizionieri, implichi una sostituzione
necessaria per lo svolgimento delle operazioni doganali, il Giudice ha ritenuto
che, laddove sia noto che lo spedizioniere non abbia la necessaria professionalità
e qualifica per la compilazione della bolletta doganale e per l’assunzione
degli oneri relativi agli adempimenti ad essa connessi (autorizzazione alla
procedura domiciliata o al pagamento differito, ecc.), esiste una sorta di
autorizzazione implicita del mandante alla sostituzione del mandatario.
Ciò implica che lo spedizioniere incaricato delle
operazioni doganali, ma non sufficientemente qualificato per lo svolgimento
delle stesse, che incarichi un terzo, dichiarante doganale, della
predisposizione, consegna e pagamento della bolletta doganale, risponderà dell’eventuale
inadempimento di quest’ultimo, soltanto se ha operato una scelta negligente
della persona cui ha affidato l’incarico, secondo i parametri dell’art. 1717
c.c.
Interessante e dotto, infine, rilievo del Giudicante
nel riconoscere come provata l’affidabilità dello spedizioniere/dichiarante
doganale, e dunque della scelta coscienziosa del transitario, il fatto che il
primo abbia in essere le autorizzazioni alle procedure semplificate e al pagamento
del differito doganale, posto che i soggetti che ottengono tali autorizzazioni
sono o dovrebbero essere monitorate dall'Agenzia delle dogane, cosicché gli
altri spedizionieri e operatori del settore devono poter confidare nella
“serietà” e professionalità del soggetto autorizzato e monitorato dall'Amministrazione
doganale.
Nel caso di specie l’eccezionalità del comportamento
tenuto dal dichiarante doganale, ancora ad oggi latitante, sta proprio nell'imprevedibilità
della commissione di un reato; reato certamente agevolato da una normativa
speciale, quale quella del porto franco triestino, che permette il pagamento
differito a 6 mesi e dunque permette l’accumulo di rilevanti quantità di denaro
nelle “tasche” degli spedizionieri autorizzati.
Laddove, dunque, il comportamento illecito del
dichiarante doganale comporti a carico dell’importatore un doppio assolvimento
di diritti di confine, lo spedizioniere transitario che affidi le operazioni
doganali a un diverso spedizioniere doganale, risponde dell’inadempimento di
quest’ultimo, se non può dimostrare di aver operato una scelta prudente e
diligente.
Nella fattispecie, un ulteriore particolare merita
nota deve essere rimarcata: l’implicita autorizzazione del mandante alla
sostituzione del mandatario nel compimento delle operazioni doganali può
derivare dal ricevimento da parte del primo, senza contestazioni, della
bolletta doganale firmata da soggetti doversi dal mandatario.
In sostanza, secondo la decisione in commento, poiché
la dichiarazione doganale un tempo “timbrata e firmata”, oggi svincolata
telematicamente, è l’unica ricevuta del corretto deposito della stessa in
dogana e della puntuale liquidazione dei diritti dovuti sulla merce in
importazione, la sua ricezione da parte dell’importatore, tenuto alla sua
conservazione, senza alcun rilievo circa l’evidente svolgimento dell’operazione
da parte di un soggetto sconosciuto, e comunque diverso dallo spedizioniere
scelto, può valere come “ratifica”, o meglio come pre-autorizzazione ad
avvalersi di uno spedizioniere doganale iscritto all'albo, nelle successive ed
identiche operazioni doganali.