ETS - Emission Trading System
07/03/2017
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
In data 15
febbraio 2017, il Parlamento europeo ha approvato la proposta formulata dalla
Commissione [2015/0148(COD)] di modifica della direttiva 2003/87/CE per sostenere
una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi anche promuovendo
investimenti mirati.
La proposta
in esame interviene su una normativa adottata a livello europeo per dare
seguito agli impegni assunti con l’approvazione del Protocollo di Kyoto, adottato
nel 1997 dalle Nazioni Unite per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra
responsabili del riscaldamento del pianeta. Con la direttiva 2003/87/CE si era istituito
un sistema (il sistema ETS) per lo scambio
di quote di emissione di gas a effetto serra all’interno dei paesi dell’UE,
vincolante per determinate imprese operanti in settori industriali ad alta
intensità energetica e, a partire dalla direttiva 2008/101/CE, per il settore
dell’aviazione.
L’ETS è pensato
secondo un modello cap-and-trade, che
prevede un limite massimo generale alle emissioni di gas ad effetto serra, soggetto
ad un decremento annuale dell’1,74%. Nell’ambito di detto limite, una parte
delle quote di diritti di emissione di CO2 è assegnata a titolo
gratuito, mentre altra parte è soggetta ad asta, nel corso della quale le
imprese che abbiano “risparmiato” diritti di emissione di CO2 potranno
mettere sul mercato le loro “eccedenze”. Il permesso ad emettere CO2 è
rilasciato dalle autorità nazionali competenti (in Italia, il Ministero
dell’Ambiente) previa verifica che l’operatore sia in grado di monitorare e
comunicare annualmente le proprie emissioni. Per garantire effettività a tale
sistema, sono previse ammende commisurate alle emissioni in eccesso prodotte dalle
imprese che, alla fine dell’anno, non abbiano rispettato i limiti previsti.
Nel predetto
contesto normativo si inserisce la proposta di modifica della direttiva 2003/87/CE,
presentata dalla Commissione il 15 luglio 2015, con l’obbiettivo di ridurre, entro
il 2030, le emissioni complessive di gas a effetto serra dell’Unione di almeno
il 40% rispetto ai livelli del 1990. Affinché la quantità totale delle
emissioni diminuisca con una maggiore progressione annuale, a partire dal 2021
il fattore di riduzione delle quote di emissione dovrebbe passare dall’1,74% al
2,2%. La proposta in esame prevede altresì una revisione del sistema di
assegnazione gratuita, anche al fine di limitare il rischio di trasferimento
della produzione al di fuori dell’UE, nonché auspica l’istituzione di vari
meccanismi di sostegno per aiutare gli operatori ad affrontare gli investimenti
diretti a limitare le emissioni di CO2.
La proposta
è stata recentemente approvata dal Parlamento europeo in prima lettura con
alcuni emendamenti, tra i quali, in particolare, quello dell’inclusione del
settore del trasporto marittimo negli obbiettivi ambientali dell’Unione (Emendamento
36 alla proposta della Commissione).
Già in altre
occasioni l’UE si è pronunciata sulla necessità di includere le emissioni del
trasporto marittimo internazionale negli obbiettivi ambientali dell’Unione (cfr.
direttiva n. 2009/29/CE e decisione n. 406/2009/CE). Con lo stesso fine, il regolamento
(UE) n. 2015/757 ha previsto, a partire dall’1 gennaio 2018, per le navi di
stazza lorda superiore a 5.000 tonnellate (salvo specifiche esenzioni), un sistema
di monitoraggio, comunicazione e verifica (sistema MRV) delle emissioni di CO2 “rilasciate durante le tratte effettuate dal loro ultimo porto di scalo
verso un porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro e da un
porto di scalo sotto la giurisdizione di uno Stato membro al successivo porto
di scalo, così come all’interno dei porti sotto la giurisdizione di uno Stato
membro” (art. 2, regolamento (UE) n. 2015/757).
L’Emendamento
in commento non può, pertanto, sorprendere.
Allo stato,
l’estensione dell’ETS ai trasporti marittimi è stata contemplata solo in via
sussidiaria, atteso che “le emissioni di CO2 rilasciate nei porti
dell’Unione e durante le tratte effettuate da e verso i porti di scalo dell’Unione”
saranno incluse nell’ETS a partire dal 2023 qualora non venga introdotto, entro
il 2021, “un sistema comparabile nel quadro dell’IMO” (art. 3-octies-bis). E’ altresì previsto che, in
caso di raggiungimento di un accordo internazionale, la Commissione riesaminerà
la direttiva e, se opportuno, proporrà modifiche per garantirne l’allineamento
a tale accordo internazionale (art. 3-octies-sexies).
Sembrano dunque scongiurati i rischi di sovrapposizione della normativa dell’Unione
con quella internazionale, contrariamente a quanto si era verificato, per
esempio, con riferimento alle problematiche sorte sul livello massimo di zolfo consentito
nel combustibile delle navi (quantificato in maniera diversa nella direttiva
1999/32/CE e nell’Allegato VI alla Convenzione Marpol 73/78).
Pertanto, in
assenza di progressi a livello internazionale, l’ETS sarà applicabile alle
emissioni di CO2 prodotte dalle navi “che si trovano, giungono o
salpano da porti sotto la giurisdizione di uno Stato membro a norma delle disposizioni
di cui al regolamento (UE) n. 2015/757” (art. 3-octies-ter).
Cosa accade,
dunque, per le navi battenti bandiera di uno stato extra-UE? Una possibile
risposta nel senso dell’applicabilità dell’ETS alle navi extra UE può essere
ricavata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, in occasione
dell’estensione dell’ETS al settore dell’aviazione, ha osservato che l’applicazione
del sistema di scambio di quote agli operatori di aeromobili non viola né il
principio di territorialità, né il principio di sovranità degli stati terzi,
dal momento che il sistema in questione è applicabile agli operatori di stati
terzi soltanto qualora i loro aeromobili si trovino fisicamente nel territorio
di uno degli stati membri dell’Unione (cfr. CGUE 21 dicembre 2011 - causa C-366/10
- Air Transport Association of America).
L’Emendamento
in esame prevede, infine, l’istituzione di un “Fondo per il clima del settore
marittimo” diretto a “compensare le emissioni del settore marittimo, migliorare
l'efficienza energetica e agevolare gli investimenti in tecnologie innovative
per la riduzione delle emissioni di CO2 del settore marittimo” (art.
3-octies-quinquies).
Il
Parlamento europeo ha preso così posizione sul tema, ma nulla è ancora deciso.
La questione dovrà essere ora sottoposta all’esame del Consiglio.