Trasporto amichevole, “onda anomala” e responsabilità del conducente di unità da diporto
29/04/2022
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
Una recente pronuncia della Corte di
Cassazione, n. 12063/2022, si è espressa in materia di responsabilità del conducente
di un’unità da diporto per danni subiti dal passeggero “amichevolmente” trasportato.
Più in particolare, il passeggero
aveva subito lesioni fisiche in conseguenza di una caduta, a bordo, provocata
dalla brusca oscillazione del “natante” investito da una cd. “onda anomala”.
Secondo il danneggiato, il conducente
non aveva manovrato, con perizia, per contrastare l’onda anomala: ciò aveva
provocato un ondeggiare eccessivo dell’unità e, quindi, la caduta sul
pagliolato del passeggero; a dire del conducente, invece, l’unità era innanzitutto
ferma in attesa di ancorarsi; secondariamente, l’“onda anomala” rappresentava,
sempre a parere del conducente, un’ipotesi fattuale atipica, eccezionale e –
sostanzialmente - di caso fortuito.
Sia i due giudici di merito, sia la
Corte di Cassazione, hanno dato ragione al conducente e respinto le pretese
risarcitorie del danneggiato.
Come accennato sopra, si trattava di
un trasporto amichevole, da tenere distinto dal trasporto gratuito ed,
evidentemente, da quello oneroso.
Il trasporto amichevole o di cortesia
è privo dell’elemento negoziale, in quanto il vettore offre il trasporto per
spirito di amicizia, condiscendenza, liberalità o altro nobile sentimento – mancando
un interesse giuridicamente apprezzabile del vettore, il trasporto non produce
vincoli giuridici. Diversamente, nel trasporto gratuito il vettore soddisfa un
proprio interesse mediato anche patrimoniale, idoneo a determinare il sorgere
dell’obbligazione.
Una prima questione espressamente affrontata
dalla Corte, alla luce delle doglianze del danneggiato-ricorrente, è stata
quella della disciplina applicabile.
Secondo la Corte, in materia di
diporto, trova primaria applicazione il Codice della Nautica da Diporto, con le
sue norme in tema di responsabilità civile da circolazione delle unità da
diporto e non già il Codice della Navigazione che si applica, invece, in via residuale
nei casi in cui la disciplina speciale (qui, appunto, il Codice della Nautica
da Diporto) non regoli la fattispecie considerata.
Pertanto, a differenza di quanto
propugnato dal danneggiato, non è l’articolo 414 del Codice della Navigazione –
“Responsabilità del vettore nel trasporto amichevole” a trovare
applicazione, ma l’articolo 40 del Codice della Nautica da Diporto – “Responsabilità
Civile”.
La differenza non è di poco conto dal
momento che le due norme allocano in modo sostanzialmente opposto l’onere della
prova relativamente alla responsabilità per i danni al passeggero.
Mentre l’art. 414 del Codice della
Navigazione grava il danneggiato dell’onere di provare il dolo o la colpa grave
del vettore, peraltro con ciò escludendo la responsabilità vettoriale nei casi
di colpa lieve od ordinaria, il citato art. 40 del Codice della Nautica da
Diporto, con espresso rinvio all’art. 2054 del Codice Civile, stabilisce che il
conducente del natante o imbarcazione da diporto è responsabile dei danni
subiti dai terzi in occasione del trasporto, se non prova di aver fatto tutto
il possibile per evitarli.
L’articolo deve essere letto in
combinazione con l’art. 1681 Codice Civile, il quale sancisce la responsabilità
del vettore in relazione ai sinistri che colpiscano il viaggiatore durante il
viaggio, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
Le disposizioni citate, dunque,
invertono l’onere della prova a favore del passeggero, stabilendo una
presunzione – ben suscettibile di prova contraria - di responsabilità nei
confronti del conducente/ vettore.
Peraltro, la presunzione di responsabilità a carico
del vettore conducente opera solo quando sia provato il nesso causale tra il
sinistro occorso al terzo passeggero e l’attività del conducente stesso, mentre
si ritiene esclusa nei casi in cui sia accertata la mancanza di colpa in capo a
quest’ultimo (ad esempio, nei casi in cui il sinistro venga attribuito al fatto
del viaggiatore).
Tale principio era già stato
affermato in precedenza da due pronunce della Corte di Cassazione, dapprima con
la sentenza n. 13324/2015 e poi con l’ordinanza n. 25771/2019. In particolare,
la seconda aveva chiarito che il comma 1 dell’art. 2054 c.c. va interpretato
nel senso che è comunque compito del giudice di merito operare una valutazione
comparativa della condotta dei soggetti coinvolti nell’evento sinistroso, danneggiante
e danneggiato. Nel caso di specie, la Corte aveva cassato la sentenza di merito
proprio in riferimento alla mancata trattazione specifica da parte del giudice
di seconde cure dell’insieme delle manovre di emergenza e delle cautele poste
in essere dal conducente a seguito dell’onda anomala.
Il fenomeno delle onde anomale è una
variabile che può incidere in maniera significativa quando si parla di
navigazione. Moti ondosi anomali non intercettati per tempo sono spesso
all’origine di importanti sinistri marittimi, tanto che innumerevoli sono i
casi riportati di navi andate distrutte in queste circostanze. Non solo, si
stima che negli ultimi venti anni siano scomparse una media di duecento grosse
navi e che la causa, nella maggior parte dei casi, debba ricercarsi proprio
nell’inaspettato sopravvenire di onde individuali di altezza eccezionale.
Nel caso della nautica da diporto, la
causa può spesso essere rinvenuta nel passaggio di motoscafi e altri mezzi a
motore, con il risultato che le unità da diporto possono essere soggette a
repentini sobbalzamenti.
La scienza oceanografica definisce
l’onda come una massa d’acqua che alternativamente si alza e si abbassa sul
livello di quiete della superficie del mare o di un altro specchio d’acqua, per
effetto del vento o per altre cause. In tal senso, per moto ondoso anomalo si
intende un’onda di altezza almeno 2,2 volte superiore all’onda più
significativa del treno a cui appartiene, di norma causata da un fattore
esterno.
Questo fenomeno è tanto più rilevante
quando si considerino navi di grossa stazza, data la maggiore difficoltà a
essere manovrate in tempi brevi rispetto alle imbarcazioni da diporto – si
pensi agli incidenti occorsi alle navi da crociera Queen Elizabeth II nel 1995 e Caledonian
Star nel 2001, entrambe investite da un’onda anomala rispettivamente nelle
acque del Nord atlantico e dell’Antartico.
Anche in acque mediterranee, diversi
sono i disastri marittimi verificatisi negli anni: basti citare la sfortunata
vicenda del Parsifal, cutter in legno
travolto nel Golfo del Leone nel 1995 da un’onda di quasi dieci metri, o
l’incidente avvenuto alla Louis Majestic nello stesso golfo quindici anni più tardi.
Alla luce di ciò, negli ultimi anni
sono sorti diversi progetti volti a monitorare il fenomeno delle onde anomale.
A livello comunitario, nel 2000 è stato creato il progetto MaxWave,
un’iniziativa sorta in seno alla Commissione europea volta a far convergere le
conoscenze oceanografiche con le più moderne tecnologie radar, per studiare
proprietà e cause alla base dei moti ondosi anomali. L’obiettivo è quello di
riuscire a prevedere il verificarsi di singole onde o gruppi di onde di
dimensione anomale, per scongiurare il verificarsi di eventuali sinistri
marittimi.
La pronuncia in oggetto non affronta
compiutamente la questione se l’onda anomala possa essere riconducibile alla
fattispecie del caso fortuito, vedendo così applicato il principio generale che
sancisce l’esclusione di qualsiasi responsabilità, anche presunta, nei casi di
sinistri verificatisi per caso fortuito o per forza maggiore. Rileva la
dottrina che per caso fortuito si debba intendere un avvenimento improvviso ed
esorbitante dalla normalità dei comportamenti umani, il quale non permetta
alcuna manovra volta ad evitare il danno e che sia identificato come unica
causa dell’evento dannoso considerato.
Tuttavia, la recente giurisprudenza ha chiarito che il
sopravvenire di un moto ondoso anomalo non può costituire di per sé un fatto
eccezionale nella nautica da diporto e ha semmai da considerarsi quale
situazione “consueta” nel contesto delle escursioni marine. Proprio la Suprema
Corte, con sentenza n. 4666/2021, ha recentemente ribadito che è escluso che
l’onda anomala possa integrare un’ipotesi di caso fortuito, posto che
quest’ultimo è definito come un fattore esterno alla sfera di controllo delle
parti che, presentando i connotati dell’assoluta imprevedibilità, vale a
escludere la responsabilità del contraente inadempiente o del danneggiante. Al
contrario, nell’ambito della ordinaria navigazione da diporto è più che
frequente il verificarsi di moti ondosi anomali: pertanto, l’onere risarcitorio
eventualmente in capo al conducente non viene automaticamente escluso e rimane
ferma l’applicazione della disciplina ordinaria in materia di responsabilità.